Pace fiscale, su depositi all'estero e "scudo penale" i soli ritocchi possibili La tabella

Pace fiscale, su depositi all'estero e "scudo penale" i soli ritocchi possibili
Emersione di attività estere e punibilità in particolare di alcuni reati gravi come il riciclaggio. Su questi due punti si concentra la pressione del Movimento...

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Emersione di attività estere e punibilità in particolare di alcuni reati gravi come il riciclaggio. Su questi due punti si concentra la pressione del Movimento Cinque Stelle per ottenere una nuova versione dell'articolo 9 del decreto fiscale, quello che contiene la dichiarazione integrativa. La trattativa non sarà facile: da parte leghista si insiste sul fatto che il testo è quello concordato in Consiglio dei ministri e dunque non potrà cambiare. In queste partita le questioni di tattica politica si intrecciano con quelle più squisitamente tecniche ed anche con qualche equivoco più o meno voluto.





La Lega già in campagna elettorale e poi anche nella fase di scrittura del contratto di governo aveva posto l'accento su una sanatoria relativa alle cartelle esattoriali, da ridurre drasticamente con il meccanismo del saldo e tralcio per venire incontro alle imprese in difficoltà. Ancora ieri Salvini ha fatto significativamente riferimento ad Equitalia, ma il tema del contendere sono invece i redditi non dichiarati, da far emergere e sottoporre ad una tassazione più leggera. Qualcosa che va oltre non solo la rottamazione delle cartelle, ma anche le definizioni agevolate proposte per altri atti di accertamento dell'Agenzia delle Entrate, nell'ipotesi in cui questa abbia già fatto le proprie contestazioni al contribuente.

BATTAGLIA DIFENSIVA
Fino a qualche giorno fa, i pentastellati avevano condotto la propria battaglia difensiva sul fronte della soglia massima, scesa da un milione a centomila euro. Quel limite si è poi allargato di fatto, perché il testo precisa che va inteso per ogni imposta e per ogni singola annualità (sono cinque quelle possibili). Ora è difficile che su questo punto si torni indietro, al massimo potrebbero esserci ritocchi marginali. Mentre la non punibilità per il riciclaggio e l'ammissione alla sanatoria dei capitali esteri sono aspetti qualitativi ben più pesanti da gestire per il partito di Di Maio, anche e soprattutto perché richiamano quanto realizzato in tempi relativamente recenti ad esempio dal governo Berlusconi. Da un punto di vista giuridico questa forma di non punibilità si pone appena al di sotto di un provvedimento come l'amnistia, per la quale la Costituzione prevede il voto del Parlamento con la maggioranza qualificata dei due terzi. Dunque è praticamente impossibile che dai pentastellati arrivi un parere positivo, senza significative modifiche. D'altra parte i risvolti penali dell'evasione rappresentano un tema delicato che si è sempre presentato anche nelle sanatorie proposte gli anni scorsi: difficile che un contribuente voglia mettersi in regola con l'agenzia delle Entrate rischiando di autodenunciarsi alla magistratura. Senza questo elemento «attrattivo» il rischio è che il gettito di tutta l'operazione risulti molto esiguo.

Non è un caso che nel Documento programmatico di Bilancio inviato a Bruxelles siano state inserite per il 2019 entrate praticamente nulla per la rottamazione delle cartelle (anche se poi destinate a crescere) e meno di 200 milioni l'anno per le altre sanatorie. All'appello manca proprio la dichiarazione integrativa, che invece dovrebbe assicurare buoni introiti già dal prossimo anno, contribuendo al totale delle coperture. E proprio questo pone un problema serio di procedure e di calendario. Il decreto fiscale è un provvedimento separato dalla vera e propria legge di bilancio, ma concorre agli effetti finanziari della manovra. Deve entrare in vigore prima che inizi l'esame del ddl di Bilancio in Parlamento, proprio perché le relative entrate servono come base per il quadro complessivo e quindi condizionano per questa via le altre misure che il governo potrà adottare.

LA SQUADRA

Il negoziato sarà quindi serrato nelle prossime ore. La squadra leghista annovera Massimo Garavaglia e Massimo Bitonci, politici con una forte caratura tecnica che lavorano al ministero dell'Economia come sottosegretari. Nel Movimento Cinque Stelle invece i ruoli sono meno definiti e forse anche questo ha contribuito al corto circuito di queste ore.
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Il Gazzettino