Per i dipendenti pubblici sarebbe una piccola rivoluzione. O meglio. Una controrivoluzione. Nel memorandum che il governo sta trattando con i sindacati in vista del prossimo...
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In busta paga, in pratica, il mese successivo viene riconosciuta solo la retribuzione base a differenza, invece, di quanto accade per i dipendenti privati che continuano a percepire le eventuali indennità accessorie. Secondo le stime dei sindacati, a seconda del comparto di appartenenza del dipendente pubblico, il taglio oscilla tra i 10 e i 15 euro per ogni giorno di assenza. Per un periodo di malattia di 10 giorni, insomma, si può arrivare ad una decurtazione di 100-150 euro lordi. Il taglio della retribuzione era stato introdotto come una delle misure per combattere l’assenteismo. Ed in realtà, almeno stando agli ultimi dati pubblicati dall’Inps, qualche effetto la stretta lo ha sortito.
I NUMERI
A novembre dello scorso anno l’Istituto di previdenza sociale, al quale con l’ultima riforma sono stati assegnati anche i controlli sulle assenze per malattia dei dipendenti pubblici, ha diffuso le statistiche sulle assenze nel privato e nello Stato aggiornate fino al terzo trimestre del 2019. La percentuale di lavoratori con almeno un giorno di malattia sul totale dei lavoratori, si legge nel rapporto dell’Inps, è salita dal 13% del 2018 al 14% del 2019 nel settore privato, mentre è rimasta stabile al 12% nel settore pubblico. Nelle aziende, insomma, ci si ammala più che nelle amministrazioni pubbliche.
Così come, sempre secondo i dati dell’Inps del terzo trimestre del 2019, anche le giornate medie di assenza sono leggermente maggiori nel privato (11,6 giorni) rispetto al pubblico (11,2 giorni). Ma questa potrebbe essere una prova del funzionamento della norma messa in discussione. Secondo i sindacati, comunque, ci sarebbe anche una questione di legittimità costituzionale, perché attuerebbe un differente trattamento tra dipendenti pubblici e privati. Comunque sia, il vero scoglio all’eliminazione della decurtazione dello stipendio per i primi dieci giorni di malattia è più legata a questioni finanziarie che a questioni di principio.
Se i giorni di malattia nel settore pubblico sono circa 32 milioni, con una decurtazione media di 10 euro lo Stato dovrebbe sostenere un costo di 320 milioni per eliminare la penalizzazione. Una cifra non semplice da trovare, soprattutto considerando che al tavolo della trattativa tra governo e sindacati ci sono anche altre partite che hanno un costo elevato, come la necessità di garantire il cosiddetto «elemento perequativo» ai redditi più bassi, ossia l’extra aumento di 20 euro circa che nell’ultima tornata contrattuale era stato garantito a chi guadagnava di meno tra gli statali. Il memorandum tra il ministro Fabiana Dadone e i sindacati dovrebbe arrivare a fine mese. Ma non tutte le distanze sono state colmate. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino