La maggioranza di governo chiede la testa di Mario Nava perché il suo legame con la Commissione Europea, regolato dall'istituto del 'distaccò, lo rende...
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Segue l'invito a dimettersi «con un gesto di sensibilità istituzionale» necessario a «ristabilire un rapporto di fiducia e di leale collaborazione fra Istituzioni». Lo scontro scaturisce dal fatto che Nava, funzionario europeo, sia arrivato alla Consob in 'distaccò mentre la legge istitutiva dell'authority richiede ai commissari provenienti da pubbliche amministrazioni di mettersi fuori ruolo. Il caso è esploso a fine luglio, quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiesto alla Consob gli atti per verificarne la regolarità di una nomina fatta dal governo Gentiloni. Che aveva motivato la scelta del distacco triennale, ritenuto non lesivo dell'indipendenza di Nava, con l'esigenza di salvaguardare una casella dirigenziale in Europa.
Dalla Consob non arriva alcuna replica a una richiesta di carattere politico, che pur rischiando di minare l'autorevolezza dell'authority non è in grado di innescare conseguenze giuridiche su una nomina formalizzata in un decreto del Presidente della Repubblica. Sono intervenute «quattro istituzioni, validando l'atto» e sono stati dati «tutti i chiarimenti possibili», aveva ricordato due giorni fa Nava, dicendosi «tranquillissimo» e determinato ad «andare avanti». «Due mesi fa Conte mi ha chiesto i documenti, che gli ho dato. Da allora non ho più saputo niente, presumo vada tutto bene». Secondo Sindirettivo, sindacato con una ventina di iscritti in Consob, la polemica non ha fondamento perché il «'distaccò» è «equivalente al 'collocamento fuori ruolò». «Rivolgiamo un appello alla politica affinché cessino i conflitti istituzionali e i dipendenti della Consob siano messi nella condizione di svolgere al meglio il proprio lavoro».
Di diverso avviso Lega e 5 Stelle che, rifacendosi alla risposta del Commissario Ue Oettinger a una loro interrogazione, ritengono che la scelta del «'comandò nell'interesse del servizio» anziché dell' «aspettativa», imponga a Nava di restare «soggetto agli stessi diritti e doveri dei funzionari» Ue, godendo tra l'altro dell' «immunità giudiziaria». «Su queste valutazioni noi non entriamo, soprattutto se riguardano organi di vigilanza, dato che noi rappresentiamo i vigilati», dice Giovanni Sabatini, direttore generale dell'Abi. «Non parlo di una istituzione» gli fa eco il presidente di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro, a cui si accodano Victor Massiah (Ubi), Stefania Bariatti (Mps) e Alessandro Vandelli (Bper).
Il Gazzettino