È il ministro dell'Economia Giovanni Tria il punto di riferimento a cui oggi guardano tutti a Bruxelles in attesa di conoscere i numeri della manovra 2019....
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«Bisogna assolutamente che il Governo decida che linea seguire: quella della crescita o quella dell'assistenzialismo di Stato» ha osservato oggi il Presidente del Parlamento Europeo nonchè vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani. «Il problema - ha argomentato - non è Bruxelles, il problema sono i mercati». E non solo. In molti indicano anche un surriscaldamento delle relazioni tra Bruxelles e Roma dovuto al clima elettorale e al relativo scontro tra le diverse fazioni politiche in vista delle Europee del 2019. È in questo contesto che si inserisce la prospettiva di un progressivo esaurimento dell'azione condotta dalla Bce a sostegno dell'Italia attraverso massicci acquisiti di titoli pubblici (il cosiddetto QE).
Nei prossimi mesi le tensioni su Bot e Btp potrebbero tornare a crescere. Un elemento critico che si aggiunge agli altri due intorno ai quali l'Italia giocherà la delicata partita dei conti pubblici con Bruxelles: il deficit strutturale e la flessibilità. Nella sua ultima raccomandazione, la Commissione ha chiesto all'Italia un aggiustamento strutturale di 0,6 punti del Pil sul 2019, ma potrebbe accontentarsi anche dello 0,1. Un obiettivo conseguibile, si fa osservare a Bruxelles, se il deficit nominale non sarà fissato oltre l'1,6-1,7% del Pil. In base a quanto previsto dal Patto di stabilità e dal Fiscal compact, tanto potrebbe bastare affinché la valutazione sul rispetto delle regole possa slittare di un anno.
Nel caso in cui la correzione fosse inferiore o ci fosse addirittura un aumento del deficit, la Commissione sarebbe invece costretta a chiedere un intervento correttivo prima ancora di esprimere il suo parare sulla manovra, atteso per il 30 novembre.
Il Gazzettino