Lavoro, le imprese a caccia di 316mila figure introvabili

Lavoro, le imprese a caccia di 316mila figure introvabili
Il mercato del lavoro sta vivendo una stagione positiva, con il tasso di disoccupazione in costante calo. Ma ci sono 316 mila posti vacanti che il sistema proprio non riesce ad...

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Il mercato del lavoro sta vivendo una stagione positiva, con il tasso di disoccupazione in costante calo. Ma ci sono 316 mila posti vacanti che il sistema proprio non riesce ad assorbire. Paradossi di un Paese nel quale è più facile trovare un dirigente o un informatico che un muratore, un manovale, un cameriere o un addetto alle pulizie.


La fotografia scattata da una indagine Censis-Confcooperative rimanda l’immagine plastica dell’Italia a corto di lavoratori più che di lavoro. Un mismatch che costa 28 miliardi in meno nel 2023, pari all’1,5% di mancato Pil. Se infatti le imprese fossero riuscite a trovare tutte le figure professionali di cui ci sarebbe stato bisogno la crescita quest’anno avrebbe potuto raggiungere i 1.810 miliardi. Lo studio mostra che il deficit più ampio, al secondo trimestre 2023, riguarda soprattutto le attività dei servizi di alloggio e ristorazione che, rispetto ad un valore medio del 2,3% per il totale di industria e servizi, tocca quota 3,7%; appena al di sotto le costruzioni con il 3,1% e le attività di informazione e comunicazione (2,9%), mentre meno critica appare la situazione nel manifatturiero (2%), nel settore energetico (1,2%) e nei trasporti (1,4%).
Secondo il Bollettino del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, sono circa 472mila gli ingressi programmati dalle imprese per ottobre e 1,2 milioni quelli per il trimestre ottobre-dicembre, - 1,2% sull’anno precedente nel mese e - 1,4% nel trimestre. La difficoltà di reperimento, che complessivamente riguarda il 51% delle ricerche di personale, raggiunge il picco del 66,3% per gli operai specializzati e del 53% per le professioni tecniche e per quelle qualificate nelle attività commerciali. Il mercato sta sì crescendo (gli occupati totali con almeno 15 anni sono saliti nell’ultimo decennio di quasi 800 mila unità, + 3,6%) ma che sta, anche, inevitabilmente invecchiando. In 10 anni, dal 2012 al 2022 gli over 50 infatti sono cresciuti di quasi 3 milioni, passando a 9 milioni nel 2022 ed è oggi la classe d’età più rappresenta col 39% sul totale dell’occupazione (era il 28,4% nel 2012). Per non parlare degli over 65: nel 2022 ne risultavano ancora occupati 687 mila, + 72,2% in dieci anni.


LA DINAMICA


Una situazione che di fatto congela l’occupazione giovanile: tra il 2012 e il 2022 i 15-34enni impiegati si riducono di 361 mila unità. La quota dei giovani fra gli occupati passa dal 25,1% del 2012 al 22,6%. «Se si tornerà alla stagione della “crescita zero virgola”, tutte le contraddizioni coperte dalla ripresa degli ultimi anni verranno alla luce», denuncia Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. «La mancanza di lavoratori, la scarsa dinamica del ricambio generazionale, il rischio di avvitamento verso il basso della crescita, della produttività e della capacità di innovazione, appaiono quanto mai inevitabili» conclude Gardini.
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Il Gazzettino