Quando la Pa ti chiede quello che dovrebbe già sapere

Sistemi informatici diversi spesso non dialogano e costringono il cittadino a rispondere a richieste insensate

(foto Freepik)
A chi non è mai accaduto di dover compilare un modulo di richiesta di atti pubblici, senza dover scrivere quello che si suppone che la Pubblica amministrazione già...

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A chi non è mai accaduto di dover compilare un modulo di richiesta di atti pubblici, senza dover scrivere quello che si suppone che la Pubblica amministrazione già sappia circa la nostra vita: dati anagrafici, codice fiscale, talvolta la partita Iva, il domicilio se diverso dalla residenza, e chi più ne ha più ne metta. Spesso si assiste a richieste insensate e persino inopportune.

Sei coniugato? Chiedilo all’anagrafe. Reddito? Chiedilo all’Agenzia delle Entrate. Hai carichi pendenti? Chiedilo al Tribunale. Che lavoro fai? Ma che cosa ti interessa?
Questo regime di schiavitù – o di sudditanza, se preferite – non è stato alleggerito dalla tecnologia, è stato solo digitalizzato. Ma perché le Pa non si parlano? Spesso perché hanno sistemi informatici diversi, quasi sempre perché sono monadi orgogliose del loro potere del dato. Il parossismo di questo rapporto incivile con la Pubblica amministrazione si consuma quando le diverse Pa incominciano a richiedere obblighi contrapposti allo stesso cittadino. Ci sono Pa che per liquidare compensi professionali a collaboratori o consulenti privati richiedono il Durc (documento unico di regolarità contributiva).
Il Durc ha un senso più che comprensibile quando viene richiesto a un’impresa che si candida a fornire servizi a una Pa. È lecito che la Pa voglia sapere se il suo fornitore paghi i contributi ai suoi dipendenti. La richiesta del Durc a un libero professionista è più discutibile: è come chiedere se ha pagato le tasse.
Ma soprattutto chiedilo tu, Pubblica amministrazione, direttamente all’Ente previdenziale. Così come puoi chiedere all’Agenzia delle Entrate se sono un contribuente conosciuto e attivo. Invece no. E si apre un contenzioso. Tocca a te chiederlo. E l’ente previdenziale (anche questo è Pa) capita che eccepisca, sostenendo che è onere del datore di lavoro (pubblico o privato che sia) chiedere il Durc. E capita che il datore di lavoro pubblico, a sua volta eccepisca il contrario, citando Dpr e Circolari. Intanto non ti pagano. Ma questo è un fatto privato, non riguarda la Pa.


Aiutateci! La Pa, in fondo in fondo, non dovrebbe semplificare la vita dei cittadini? Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino