In malattia va a giocare a calcio, licenziato dall'azienda: il tribunale gli dà ragione

In malattia va a giocare a calcio, licenziato dall'azienda: il tribunale gli dà ragione
NAPOLI - Si "finge" malato perché afflitto da cefalea, ma se ne va in giro per supermercati e a giocare una partita di calcio. Così, viene licenziato in...

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NAPOLI - Si "finge" malato perché afflitto da cefalea, ma se ne va in giro per supermercati e a giocare una partita di calcio. Così, viene licenziato in tronco dall’Eav che gli ha contestato la violazione «degli obblighi di correttezza, lealtà e diligenza in forza del rapporto di lavoro». Nella sostanza è venuto meno il rapporto fiduciario. Ma non è bastato al Tribunale di Napoli per confermare il licenziamento, anzi lo ha reintegrato condannando l’Azienda a pagare le spese e un anno di stipendio arretrato.


La vicenda risale all’ottobre scorso e il «lavoratore va risarcito». Come si dice in questi casi «è questione di cavilli» solo che questa volta il giudice per trovarli è andato a pescare una norma che risale all’epoca fascista. Non che il giudice lo abbia fatto apposta, il tema è che quella norma blinda il contratto - per quello che attiene le sanzioni disciplinare - di tutti i tranvieri. Si tratta del regio decreto 148 del 1931. Dove è contemplata la «simulazione di malattia» come comportamento sleale ma tuttavia non è previsto il licenziamento per chi incorre un questa fattispecie, al massimo può arrivare la sospensione. Insomma, una sentenza dove a perdere è la giustizia sopraffatta dalla legalità formale.
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Il Gazzettino