​Iva, flat tax e contratti pubblici: la manovra parte da 40 miliardi

Oltre 40 miliardi da trovare in autunno, con pochissime possibilità di seguire la scorciatoia degli anni passati: ovvero spuntare dall’Unione europea margini di...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Oltre 40 miliardi da trovare in autunno, con pochissime possibilità di seguire la scorciatoia degli anni passati: ovvero spuntare dall’Unione europea margini di flessibilità. Ridotto all’essenziale, è questo il quadro che esce dal Documento di economia e finanza che lunedì inizia il suo percorso parlamentare. Il Def in realtà non specifica la manovra di finanza pubblica che dovrà essere realizzata per il 2020, limitandosi ad indicare alcuni ambiti in cui dovranno essere cercate le risorse, dalla prosecuzione della revisione della spesa alla revisione delle agevolazioni fiscali, fino all’immancabile lotta all’evasione. I risultati di queste misure, comunque tutte da precisare, si concentrerebbero sul biennio 2021-2022: per il prossimo anno invece l’obiettivo programmatico di deficit in rapporto al Pil è fissato al 2,1 per cento, in crescita di un decimale rispetto allo scenario tendenziale a seguito di un incremento degli investimenti previsti.


LE SCELTE
Come si arriva allora alla manovra monstre che l’esecutivo gialloverde si troverà a dover gestire? Da un punto di vista tecnico, non si tratta di una correzione dei conti, ma della necessità di finanziare le scelte politiche annunciate dai leader. In primo luogo, quella di non far scattare le clausole di salvaguardia - per ora confermate nelle tabelle del Def - che porterebbero il prossimo anno l’aliquota ordinaria dell’Iva dal 22 al 25,2 per cento e quella agevolata dal 10 al 13. Il gettito da rimpiazzare vale 23,1 miliardi, ai quali si aggiungerebbero circa 400 milioni di maggiori accise sui carburanti. Poi ci sono le cosiddette “politiche invariate”: ovvero quegli impegni che il ministero dell’Economia non indica nel quadro programmatico perché formalmente non si è ancora deciso di finanziarli, ma che vanno comunque elencati e si riferiscono a scelte difficilmente eludibili: dai rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici alle missioni internazionali di pace. Nel Documento di economia e finanza questo conto vale 3,2 miliardi per il solo 2020. Infine l’annunciata flat tax per le famiglie, il cui costo presunto si aggira sui 14-15 miliardi (in questi giorni a livello politico si è parlato di 12 ma una recentissima simulazione del sito economico Lavoce.info alza l’asticella ad almeno 17). Siamo già quindi oltre i 40 miliardi, senza contare le esigenze aggiuntive (e le richieste) che si materializzano in ogni sessione di bilancio. Si tratterebbe di quindi di una manovra ben superiore a quelle degli ultimi anni, nei quali l’Italia è riuscita ad ottenere un ammorbidimento degli obiettivi teoricamente richiesti dalle regole europee. Stavolta sarà molto più difficile, perché i canali di flessibilità istituzionalizzati (come le clausole per riforme e investimenti) sono già stati sfruttati ed anche i margini di mediazione politica appaiono quanto mai ristretti, visto che deve ancora arrivare il via libera alla manovra per il 2019. Il ministero dell’Economia ritiene che i parametri siano rispettati anche nel nuovo scenario, sfruttando la flessibilità per gli eventi eccezionali e il lieve progresso del saldo strutturale ottenuto in realtà grazie al peggioramento ex post dei conti 2018. Una volta mantenuto l’impegno sulla riduzione del disavanzo, e assicurata quindi la convergenza verso l’obiettivo di medio termine, non scatterebbe nemmeno la procedura per il debito. 

LA REVISIONE

Resta da vedere se la commissione e gli altri Paesi europei condivideranno questa impostazione. Intanto, a gennaio è già scattata una novità che ha valenza tecnica ma anche simbolica: in base a complessi calcoli che tengono conto dello scenario demografico e del peso dell’invecchiamento della popolazione sulle finanze pubbliche, proprio l’obiettivo di medio termine (Omt) del nostro Paese è stato rivisto ed ora è pari (dal 2020) ad un saldo strutturale positivo dello 0,5% del Pil. Siccome in base alle norme che hanno introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione, quest’ultimo è equiparato all’Omt, a rigore ora la stessa legge italiana non richiede più un pareggio ma appunto un avanzo, per quanto leggero. Insomma è stato spostato in avanti il traguardo che del resto il nostro Paese non ha mai raggiunto nemmeno in prospettiva, visto che dal 2014 in poi i governi hanno sempre chiesto al Parlamento di autorizzare - a maggioranza assoluta - gli scostamenti.
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino