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È considerato uno degli obiettivi chiave del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Fare in modo che tutte le amministrazioni pubbliche, nessuna esclusa, saldino i propri debiti commerciali con le imprese entro 30 giorni dall’emissione della fattura. In realtà questo obiettivo avrebbe dovuto essere centrato dal governo italiano già entro la fine di quest’anno, ma i ritardi nei pagamenti da parte di diverse amministrazioni ancora rimangono e quindi è stato chiesto alla Commissione europea di posticipare il raggiungimento dell’obiettivo fino al 2025 (con una ulteriore verifica nel 2026 che i target siano mantenuti). Bruxelles ha acconsentito a dare più tempo all’Italia, ma a patto che venga approvato un nuovo “pacchetto” di norme per garantire che tutte le fatture nei confronti delle amministrazioni siano saldate entro 30 giorni (60 giorni nel caso dei debiti delle strutture sanitarie). Entro i primi tre mesi del prossimo anno, si legge nei documenti con cui la Commissione europea ha dato il via libera alle modifiche del Piano richieste dall’Italia, dovranno essere predisposte delle norme che garantiscano che il governo centrale fornisca in tempo i fondi necessari agli enti locali (Comuni e Regioni) per pagare i propri debiti. Che ogni amministrazione predisponga un piano annuale con i flussi di cassa che faccia capire come intende rispettare il vincolo dei 30 giorni nei pagamenti.
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Il passaggio
Ma anche che siano rafforzate le risorse umane impegnate su questo delicato dossier.
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Il meccanismo
Il nuovo pacchetto per tagliare i tempi di pagamento, si aggiunge a quello già varato quest’anno e che, tra le altre cose, prevede il taglio fino al 30 per cento dei premi per i dirigenti pubblici delle amministrazioni che pagano in ritardo.
Il debito commerciale della Pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori, è una questione che ormai si trascina da anni e che ha già portato l’Italia davanti alla Corte di Giustizia europea. Nel tempo sono state ipotizzate diverse soluzioni draconiane alla questione. Nella scorsa legislatura era stata approvata anche una mozione alla Camera a prima firma Simone Baldelli, che riprendeva l’idea del leghista Claudio Borghi di emissioni di mini-Bot per pagare l’arretrato.
Un’ipotesi che aveva fatto scendere direttamente in campo la Bce per bloccarla ed impedire che fosse creata una moneta parallela all’euro in Italia. L’altra strada da sempre richiesta dalle imprese, è la piena “compensabilità” dei crediti verso le pubbliche amministrazioni con i debiti fiscali delle imprese stesso verso lo Stato. Un’ipotesi questa alla quale, invece, ha sempre frapposto un muro il Tesoro, preoccupato degli impatti sulle casse dello Stato. Il rischio è drenare liquidità e peggiorare il fabbisogno di cassa obbligando via XX Settembre ad emettere più debito. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino