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Case e auto, si allenta la stretta “green” dell’Europa. La fase due del maxi-piano verde dell’Ue porta dritto a una svolta soft per due proposte-simbolo della Commissione, entrambe nate sotto la gestione Timmermans che si è chiusa ad agosto: la direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici, da una parte, e il regolamento sui nuovi standard Euro 7 per limitare le emissioni inquinanti dei veicoli, dall’altra.
LA PLENARIA
Cominciamo dall’Euro 7, cioè dai vincoli per le emissioni delle vetture: dopo il Consiglio, l’organo dove siedono i rappresentanti dei governi, pure il Parlamento Ue ha dato il suo primo via libera al provvedimento. Decidendo, al pari dei governi, di attenuare la portata dei divieti in modo da riconoscere più tempo ai costruttori per adeguarsi. La bozza di testo di cui è stato relatore l’europarlamentare ceco Alexandr Vondra, esponente dei conservatori, è stata approvata dalla commissione Ambiente dell’Europarlamento con 52 sì, 32 no e un’astensione. La versione che ha ricevuto il primo ok dal Parlamento Ue, e che dovrà adesso essere confermata dalla plenaria prima di avviare i negoziati con il Consiglio, ritarda l’avvento dei nuovi standard Euro 7 al 1° luglio 2030 per auto e furgoni, e al 1° luglio 2031 per autobus e camion: una mano tesa al comparto auto che rivede ampiamente le scadenze del 2025 e del 2027 che erano state invece proposte dalla Commissione.
Se per l’eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini è la dimostrazione che è possibile «un approccio realistico alla transizione ecologica, capace di tutelare le nostre imprese e migliaia di posti di lavoro», per il collega di Fratelli d’Italia Nicola Procaccini, co-presidente dell’Ecr, il gruppo parlamentare dei conservatori, c’è anche un dato politico: «Il nostro punto di vista sull’agenda verde è diventato maggioranza», visto che la proposta è stata sostenuta da un (inedito) fronte ampio di tutto il centrodestra insieme ai liberali di Renew. È, in sintesi, la linea del governo italiano, già maggioritaria nelle trattative al Consiglio, e che trova adesso una sponda pure nell’Eurocamera: «Soddisfatto» è il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, mentre per il titolare delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso è «la conferma che siamo sulla strada giusta, quella dell’equità e della responsabilità.
Dossier come quello delle case “green”: a Bruxelles, è iniziata la prima riunione-fiume sugli aspetti più controversi della direttiva; nodi non solo tecnici, ma stavolta politici, a cui seguirà un confronto sulle scadenze entro cui effettuare i lavori di ristrutturazione. Nella volata finale del trilogo che vede impegnati Parlamento, Consiglio e Commissione è affrontato l’esame dell’articolo 9, quello sugli standard minimi di prestazione energetica per l’edilizia residenziale, da definire sulla base delle classi di consumo che vanno dalla A (la più “green”) alla G. L’Europarlamento vuole che la classe sia determinata sulla singola unità immobiliare, e in questo è spalleggiato dalla Commissione. I governi, invece, puntano per calcolare gli standard minimi sull’intero parco immobiliare, basandosi su una “traiettoria nazionale” di riduzione dei consumi dal 2025 al 2050: una linea, nei fatti più morbida, che dà maggiori margini di manovra a ciascuno Stato.
LE ISTITUZIONI
Ogni Paese sarebbe così in grado di stabilire da sé la strada da seguire nella fase di recepimento della direttiva. A dar man forte alla posizione delle capitali è il fattore tempo: le altre due istituzioni vogliono chiudere in fretta per evitare la tagliola delle elezioni europee di giugno. Un’intesa, seppur al ribasso, sbloccherebbe poi per Bruxelles la possibilità di tirare dritto con altre due strette che riguardano il riscaldamento domestico: il piano per incentivare l’uso delle pompe di calore e l’iniziativa per definire una data (l’ipotesi è il 2029) di stop alla vendite delle caldaie a gas.
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