Carlo De Benedetti durante cinquanta dei suoi ottantatre anni, ha segnato la storia imprenditoriale italiana, iscrivendosi tra gli uomini d'affari più influenti del...
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In ambienti del gruppo si fa notare che questo passaggio completerebbe il ricambio generazionale in atto da anni anche nelle altre società del gruppo. Proprio ieri l'ingegnere aveva tirato le conclusioni del convegno 'The future of the newspaper' che ha visto a confronto a Torino i maggiori player del settore con un discorso nel quale ha lanciato l'idea degli stati generali dell'editoria. «Non vogliamo aiuti di Stato nè sovvenzioni, vogliamo cercare il modo per rimanere remunerativi perchè se muore l'editoria, non muore solo un settore industriale: muore una funzione essenziale dei sistemi democratici», ha detto Benedetti concludendo l'incontro a Torino sul futuro dei giornali. L'Ingegnere, chiamato così per il suo titolo di studio, non è identificabile però con un solo settore, perchè è stato l'Olivetti, la telefonia mobile con Omnitel quando questa era ancora avanguardia, ma anche l'industria tradizionale con la componentistica auto e quella dell'era internet con le varie attività avviate negli anni Novanta fino all'ingresso nell'energia. L'avventura editoriale è però centrale nella sua vita, tanto che nel 2009, quando decide di lasciare tutte le cariche delle sue imprese, consegnandole in mano ai figli, mantiene comunque un ruolo, anche formale, nel Gruppo Espresso e assicura che quell'attività non sarà dismessa almeno fino a quando rimarrà in vita.
Nato torinese, è naturalizzato svizzero: oltreconfine si trasferisce con la famiglia durante le leggi razziali (il padre era ebreo) e, quando decide di prendere la seconda cittadinanza, è accusato di farlo per ragioni fiscali, circostanza da lui sempre negata. Il debutto professionale avviene nel 1959 nell'azienda paterna, quando la Compagnia Italiana Tubi Metallici Flessibili. Impresa valorizzata fino all'acquisizione nel 1972 della Gilardini, che De Benedetti guida fino al '76 come presidente e amministratore delegato. Proprio in quell'anno diventa amministratore delegato della Fiat anche grazie all'appoggio di Umberto Agnelli. Una esperienza di soli quattro mesi, un rapido divorzio che sorprende e attira su di lui ancora di più l'attenzione del mondo economico. Con la vendita della sua quota in Fiat, avuta in cambio del conferimento della Gilardini nel gruppo torinese, emerge quello che sarà poi il cuore finanziario del suo impero, la Cir (Compagnie Industriali Riunite), di cui assume il controllo nel novembre del 1976. Gli investimenti della compagnia si diversificano rapidamente: ad esempio con la Sasib e l'Euromobiliare, una delle grandi finanziarie italiane. In quegli anni l'Ingegnere lega il suo destino a quello dell'Olivetti, una delle imprese italiane più conosciute nel mondo, diventandone nel 1983 presidente e amministratore delegato.
Non tutte le sue iniziative hanno successo: entra in Buitoni-Perugina e contratta nel 1985 con Romano Prodi l'acquisto dall'Iri del gruppo alimentare Sme.
Il Gazzettino