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C’era d’aspettarselo. Arriva la transizione ecologica, il mondo dell’auto cambia in profondità. Specialmente in Europa, ormai, il dado è tratto: tempo dieci anni e nulla sarà più come prima. Noi, purtroppo, non abbiamo più una grande industria automotive. Almeno dal punto di vista quantitativo. I tradizionali rivali, Germania, Francia ed Inghilterra, sfornano annualmente molti più veicoli di noi. Ed anche paesi con una tradizione motoristica neanche paragonabile alla nostra, come Spagna e Repubblica Ceca, ci sono davanti nella classifica delle vetture assemblate. Gran parte degli addetti e del fatturato, però, gravitano sulla componentistica dove operano anche la medie imprese e in questo campo siamo una vera eccellenza, facendo da fornitori a costruttori non soltanto europei. Una competenza difficile da trova- re altrove, apprezzatissima per tecnologia e qualità.
Gran parte di questo ben di dio, che muove il Pil e l’occupazione, dovrà essere ripensato e molti impianti e forza lavoro riconvertiti.
Le note uscite dal Ministero dello Sviluppo Economico non sembrano sufficienti, tutti sanno che ormai l’industria è globale. Non può essere una soluzione, quindi, rallentare la transizione ecologica e la mobilità elettrica nel nostro paese perché la fabbri- ca pugliese dei tedeschi produce- va impianti di iniezione per vetture vendute in tutta Europa e non solo. I dispositivi necessari per i veicoli che si potrebbero piazzare in più sul mercato tricolore è in grado di realizzarli in un pomeriggio... Se vogliamo continuare a far lavorare i nostri impianti dobbiamo muoverci su uno scacchiere più vasto e non servono interventi spot, ma piani strutturali pensati non a livello ministeriale, ma governativo.
È necessario avere un canale aperto con Stellantis le cui decisioni ormai non vengo- no più prese soltanto a Torino, ma anche a Parigi. Lo stabilimento di propulsori a scoppio di Termoli e chiaro che avrà i giorni contatti e l’unico mo- do di riconvertirlo è far nascere una Gigafactory che sforni batte- rie. Parigi e Berlino, a tempo debito, hanno fatto i loro piani e allocato le risorse. Noi, in un settore così strategico per la nostra economia, non possiamo limitarci a tappare i buchi.
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