Tassi fermi ai minimi storici come ampiamente atteso e nessuna decisione e discussione sull'estensione o ampliamento del programma di acquisti. La...
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Il presidente della Bce stoppa così le domande sul possibile prolungamento del Qe o una rimodulazione del genere e durata di titoli acquistati, spiegando che tale tema «non è stato discusso» e legge il comunicato dove si riafferma ancora una volta che il programma di acquisto titoli dura «fino al marzo 2017 o oltre se necessario». Ricorda in ogni caso come i comitati dell'istituto siano al lavoro per trovare soluzioni alla possibile scarsità sul mercato di obbligazioni da comprare, segnatamente Bund tedeschi.
Insomma la proroga del Qe resta più che un'opzione ma se ne riparla più avanti, quasi certamente entro dicembre, così come per una sua maggiore flessibilità o estensione. Un atteggiamento al quale i listini finanziari hanno reagito inizialmente male con l'euro che è balzato sul dollaro salvo poi recuperare terreno in seguito.
Il presidente rileva così, basandosi anche sull'aggiornamento delle previsioni per Pil e inflazione, come non «vi siano cambiamenti sostanziali per cambiare» l'azione della Bce. I tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati, rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40% e l'istituto si aspetta che «i mantengano su un livello pari o inferiore a quello attuale per un prolungato periodo di tempo».
Rispetto a quelle formulate da giugno comunque i cambi delle previsioni macroeconimiche sono minimi: il pil 2016 passa da 1,6 a 1,7% mentre quello del 2017 scende da 1,7 a 1,6. Le stime sull'inflazione poi restano immutate 0,2% nel 2016, 1,2% nel 2017 e 1,6% in 2018. La ripresa così è attesa proseguire a un tasso moderato anche se i rischi al ribasso restano. Il voto sulla Brexit ha provocato, secondo lo staff della Bce, un calo della domanda estera ma ha comunque avuto un «piccolo impatto» sugli indicatori di fiducia e incertezza. Inoltre la politica monetaria accomodante, i prezzi del petrolio ancora relativamente bassi e il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro aiutano a supportare la crescita. Sul tema del lavoro Draghi, sollecitato da una domanda, rileva come sarebbe «molto preoccupante» se la bassa inflazione arrivasse ai salari e che quindi avere una loro maggiore crescita porta «vantaggi indubbi».
Quindi la politica monetaria sta dando i suoi frutti e tocca ai governi fare qualcosa di più in termini di riforme strutturali e in investimenti.
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Il Gazzettino