Bce, gli effetti del taglio dei tassi: prestiti meno cari, euro in cala e spinta all'export

Bce, gli effetti del taglio dei tassi: prestiti meno cari, euro in cala e spinta all'export
Una possibile, ma non automatica, riduzione dei tassi di interesse alla clientela, in particolare per i mutui alle famiglie. Una spinta alla svalutazione dell’euro che può...

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Una possibile, ma non automatica, riduzione dei tassi di interesse alla clientela, in particolare per i mutui alle famiglie. Una spinta alla svalutazione dell’euro che può aiutare le esportazioni e rianimare un po’ i prezzi. E la prospettiva di rendimenti dei titoli di Stato ancora a livelli storicamente bassissimi. Sono questi gli effetti attesi, o quanto meno auspicati, delle decisioni di ieri della banca centrale europea: effetti che comunque potranno essere verificati in pieno solo nelle prossime settimane.




LE BANCHE E I MUTUI

Per quanto riguarda i prestiti, il taglio di dieci punti base del tasso di rifinanziamento non si rifletterà in modo meccanico su quelli praticati a imprese e famiglie. Verso le prime gli istituti di credito hanno ancora un atteggiamento cauto, condizionato dalla fase economica ancora più che incerta. E dunque bisognerà vedere in che misura la banca centrale riuscirà a essere convincente nella sua offerta di liquidità via Tltro, finalizzata al finanziamento dell’economia reale.



Quanto alle famiglie, ed in particolare ai mutui per l’acquisto dell’abitazione, negli ultimi mesi c’è stato un discreto allentamento delle condizioni, con conseguente discesa dei tassi. La maggior parte di questi finanziamenti è legata non al tasso ufficiale di Francoforte ma a quelli di mercato (l’Euribor per i variabili) che però sono ormai una componente molto piccola del costo complessivo. Ad esempio i migliori tassi sui variabili sono poco al di sopra del 2 per cento con uno 0,15-0,2 di Euribor e almeno un 2 per cento di spread applicato dalle banche. Le future riduzioni potranno arrivare solo dalla discesa di quest’ultima componente.



Invece il taglio di dieci punti base, oltre a segnalare che davvero è stato toccato il livello di tasso più basso possibile, potrebbe contribuire all’auspicato (e in parte già in corso) deprezzamento dell’euro. Questo perché ai grandi investitori risulterà più conveniente vendere la moneta unica per comprare titoli in altre valute che offrono rendimenti maggiori, e guadagnare quindi sulla differenza. Un euro più debole aiuterebbe le esportazioni europee (comprese quelle tedesche) in una fase in cui alle incertezze del quadro economico si aggiungono quelle geopolitiche legate in particolare allo scontro tra Ucraina e Russia.



TENDENZA POSITIVA


Anche il mercato dei titoli di Stato ha reagito alle parole di Draghi, con un’ulteriore accentuazione della tendenza al ribasso dei rendimenti e con l’accorciamento degli spread. Dunque si preannuncia uno scenario in cui i tassi si manterranno agli attuali bassissimi livelli e forse scenderanno un altro po’. Il che vuol dire ulteriori risparmi per i governi ed in particolare per quello italiano che conta di chiudere il 2014 con una spesa per interessi inferiore di una manciata di miliardi rispetto alle stime di inizio anno. E la tendenza dovrebbe positivamente protrarsi nel 2015. L’altra faccia della medaglia sono naturalmente rendimenti reali più bassi per i risparmiatori, ma pure in questo contesto i titoli italiani restano relativamente più appetibili degli altri dell’area euro. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino