Patria e mondo, prima che fosse stato inventato il glocal. Il miracolo Zeffirelli, in un Paese purtroppo non immune dallo Strapaese, è custodito in questa miscela che poi...
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Indimenticabili le risse calcistiche con Carmelo Bene o con Boniperti al grande Processo del lunedì. «Il calcio - sosteneva - è un trucco per restare giovani. A comportarsi in maniera puerile, a urlare come pazzi, non s’invecchia. È vero, qualche volta si trascende. Ma c’è qualcosa di straordinario anche nella rappresentazione di un sentimento di guerra». Leggero, ma in realtà sempre profondo Zeffirelli. Le caratteristiche dello stile italiano le aveva tutte. La bellezza - delle messe in scena, dei paesaggi, delle musiche, dei costumi, dei dialoghi e dell’intero apparato spettacolare - come identità. La competenza come fattore creativo “caldo” e non come fredda professionalità. L’innovazione coniugata alla tradizione. La storia nazionale come cifra da cui partire e a cui tornare viaggiando in ogni tipo di immaginario del nostro Occidente. Sembra quasi che certe parole le avesse scritte pensando a lui Friedrich Nietzsche. Queste: «Il genio italiano ha usato nel modo di gran lunga più libero e fine ciò che ha preso a prestito e ci ha messo dentro molto di più di quello che ne ha ricavato, essendo il genio più ricco, che più poteva donare».
Nella diffidenza verso l’uniformità - non ha mai perdonato al suo mito Visconti lo scadimento finto-comunisteggiante - e verso il conformismo, anche il conformismo politico e comportamentale visto che tutto si poteva dire di lui tranne che fosse un tipo mainstream o politicamente corretto, trovava la sua unicità creativa. Negli anni intorno al ‘68, è stato l’unico non sessantottino. “Il solo anti-comunista”, si autodefiniva: “Mi odiano perché non mi accodo, e anche perché credo in Dio”.
Da cattolico, la connessione tra il bello e il bene gli apparteneva. Anche in maniera barocca. Ma nessuno italiano, o quasi, è riuscito come lui a unire la società del gusto (e il sapore è stata la forza dei suoi capolavori) e la società dei consumi in cui le sue opere teatrali e cinematografiche si sono sempre inserite con una naturalezza di grande successo ed estremamente democratica nel suo intercalassimo, nella capacità di piacere a tutti. In fondo anche a quelli che non gli perdonavano la grandezza. E che al contrario di lui hanno sempre avuto un’idea gelosa, cioè in fondo asfittica e anti-patriottica, della cultura.
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Il Gazzettino