LIDO DI VENEZIA - «Un verdetto tra i più equilibrati degli ultimi anni. È stato premiato sia il grande cinema d’autore, sia film di grande...
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Salutato il pubblico con Denzel Washington ultimo divo in passerella con tanto di cavalli, ieri il presidente Paolo Baratta e il direttore Alberto Barbera come di consueto hanno fatto il punto sull’edizione appena chiusa, smussando le polemiche (poche, in realtà) e accentuando i lati positivi di un festival che, passato il periodo nero del “buco” del cantiere, pare conoscere una nuova primavera.
I NUMERI - Baratta ha scherzato: «Non ho la statistica delle biciclette presenti alla Mostra del cinema, che è il fenomeno di questo festival, ma nel prossimo riassetto degli spazi provvederemo a installare maggiori rastrelliere». I dati registrano un aumento del 5,14% degli accrediti venduti, del 10,63% degli abbonamenti e del 16,75% dei biglietti venduti. Biglietti che in valore assoluto arrivano a 50mila unità cui vanno sommati i 5mila coupon gratuiti per le proiezioni serali della Sala Giardino, quel Cubo Rosso che è stato la vera novità di Venezia 73.
LA DEROGA - Barbera non si scompone del fatto che la giuria abbia deciso di assegnare un ex aequo: «Volevano premiare opere ritenute entrambi meritevoli. A Cannes avviene regolarmente». Raccontano che a Baratta lo strappo alla regola non sia piaciuto, ma ufficialmente il presidente mostra soddisfazione: «Diaz e Tom Ford (che ha preso il Gran Premio della Giuria per Nocturnal Animals) sono “nati” a Venezia (Diaz nel 2008 vinse la sezione Orizzonti con Melancholia ma già nel 2007 ha avuto una menzione, Ford nel 2009 presentò in laguna A Single Man che valse la Coppa Volpi al protagonista Colin Firth), Konchalovsky qui è stato premiato per la prima volta nel 1962 col suo primo lavoro. Sono tutti figli nostri».
LEONES - Basta con i francesismi, per chi sale sul podio o ottiene un riconoscimento in Italia è sbagliato dire ”palmares”. Sa tanto di Cannes e ormai Venezia, ha superato la sindrome di sorella minore. «Meglio dire “leonès” e lasciamo il palmarès a Cannes», dice Baratta “correggendo” Barbera. E insiste: «Abbiamo fatto della qualità il nostro punto di forza». E se La La Land si è dovuto accontentare della Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile (Emma Stone) e Jackie del premio per la miglior sceneggiatura (lasciando a mani vuote una grandiosa Natalie Portman nei panni di Jacqueline Kennedy), adesso l’attesa è per la notte degli Oscar. Baratta: «Venezia crea valore».
ITALIANI OUT - Barbera l’aveva già detto, ieri l’ha confermato: «Il cinema italiano non vive una stagione felice, la maggioranza degli registi avevano già concluso i propri lavori e non avevano null’altro di pronto». Però Barbera ha difeso i documentari - in concorso c’era Spira Mirabilis sull’immortalità - dicendo che «la contaminazione è progressiva. Tra L’Esorcista e Liberami (il docu di Federica Di Giacomo premiato nella sezione Orizzonti) non c’è poi tutta questa differenza». I cronisti insistono: il direttore della Mostra e i selezionatori avevano mai pensato di inserire Liberami in concorso a Venezia 73? Barbera: «Ci avevamo anche pensato, ma per fortuna l’abbiamo messo in concorso a Orizzonti e così ha vinto».
SOLLIEVO - Venezia 73 va in archivio e sarà ricordata anche per i cubi di cemento “anti Nizza” e i sistemi di sicurezza rafforzati. Ora che il festival è finito tutti tirano un respiro di sollievo: è andata bene.
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Il Gazzettino