«Ma come, me ne devo anna' ancora giovane, io che non ho mai bevuto, non me so’ mai drogato, il massimo der vizio un piatto de bucatini?». Così diceva...
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Oggi il cabaret della romanità recitata e cantata lo tiene in piedi suo figlio Francesco, che ha dato l'annuncio della morte di Lando. 79 anni, sulla scena del 1962, quando esordì nel mondo dello spettacolo al teatro Sistina con un musical evergreen, Rugantino. Lando Fiorini si definiva un cantattore, chiacchiere e canzoni, ma con grande studio perché “per far ridere non ci si improvvisa, far ridere è una cosa seria”. Sapeva negli ultimi anni di rappresentare un mondo scomparso, che la romanità non è riuscita nell'impresa difficile di internazionalizzarsi alla napoletana, e nemmeno di radicarsi tra i più giovani.
Resta una tradizione di nicchia, cara a coloro che di Roma amano molto un certo ricordo scanzonato e popolano, e cara naturalmente ai tifosi giallorossi.
Da allora successi ne ha avuti tanti, poi qualche delusione. Prima di tutto le canzoni di 50 anni di carriera: "Stornellata romana", "Pe' lungo Tevere", "Barcarolo romano", "Ciumachella de Trastevere", "Semo gente de borgata", "Na preghiera pe' Roma sparita", "Nun je dà retta Roma", "Chitarra romana", "Roma in saccoccia...". Poi tanta televisione: Canzonissima e “er Lando Furioso”, sigle di sceneggiati storici come “Il segno del comando", partnership con Macario e Walter Chiari. Ma fin dal 1962 si era vaccinato dalle mode e garantito la sua creatura, Il Puff, quello spazio non glielo poteva togliere nessuno. Addio a Lando, il Puff resta. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino