Sarà Benjamin Grosvenor il protagonista del concerto della stagione Filarmonica diretto da Riccardo Chailly alla Scala il 22 gennaio. Il giovane pianista britannico, classe...
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La sua seconda volta a La Scala.
«È splendido essere di nuovo qui. Mi è piaciuto molto quando due anni fa abbiamo suonato Liszt con l’Orchestra. E sono molto emozionato adesso con la partitura di Grieg. C’è un’atmosfera, una storia, un edificio fantastico».
Seconda volta anche con Chailly. Consigli gliene ha dati?
«Sì. Su come si suona alla Scala, sull’acustica, molto utile per me. Alcuni piccoli dettagli anche troppo tecnici per essere menzionati. È una persona amichevole con la quale è piacevole collaborare».
Lei sta girando il mondo. Cosa significa oggi suonare musica classica per un ragazzo così giovane?
«È qualcosa che ha a che fare con le emozioni umane. Oggi come nei secoli scorsi. La musica che io suono esprime cose che anche la musica pop esprime. Anche se in modo diverso. Si basa tutto sulla condizione umana. Sulla vita. Per me la musica classica è stata sempre molto importante».
Ma lei cosa ascolta nel tempo libero?
«Soprattutto la classica. Scarico musica strumentale sia di autori moderni che del passato. Nel mio tempo libero non amo tanto ascoltare brani al pianoforte, preferisco brani da orchestra, musica da camera un po' di jazz. Un po’ di cose diverse fra loro. Mi piace anche la musica francese e spagnola».
Ascolta la pop music? Magari dei suoi connazionali?
«Non molto. Di Ed Sheeran o Sam Smith conosco le canzoni. E qualcuna mi piace. Ho degli amici che li amano molto. Sono consapevole che è per adesso la musica che si ascolta di più, ma io preferisco la classica».
La classica che i giovani come lei ascoltano poco.
«Già. Secondo me, è un problema di immagine, di cultura, di formalità. Mi trasmette emozioni. Quindi con me il problema non si pone. La musica classica richiede un impegno maggiore da parte di chi ascolta, soprattutto per la lunghezza dei pezzi. Le persone pensano che per accostarsi alla musica classica devono avere una certa conoscenza. Ma non sono d’accordo: basta semplicemente ascoltare».
Pensa che i social possano aiutare ad avvicinare i giovani?
«Ho vissuto una parte della mia vita prima di YouTube. È ovvio che ti aiuta a trovare qualcosa immediatamente. È una grande risorsa per potersi accostare alla grande musica. Penso che i social siano un mezzo importante per l’artista per mettersi in comunicazione con la gente che lo segue, si può esprimere e comunicare ciò che si prova. Si tratta di una grande opportunità per condividere, ma anche per creare delle raccolte di materiali».
Ma lei come ha scoperto la passione del pianoforte?
«Ho iniziato a suonare quando avevo 5 anni grazie a mia madre, la mia prima insegnante. A 10 anni ho partecipato e vinto la BBC Young Musician Competition. Da lì in poi sempre più concerti, uno dopo l’altro. E adesso eccomi qui».
Quante ore studia?
«Dipende da quello che devo fare. In media suono sei ore al giorno».
Dopo la Scala?
«Sarò a Londra sempre con Chailly e la Filarmonica. Poi, Colonia, suonerò Beethoven con l‘orchestra Gürzenich. Quest’anno mi recherò anche in USA, almeno un paio di volte per suonare Beethoven con la Pittsburgh Orchestra e poi con la New Yorker Philarmonic Orchestra. E tante altre cose». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino