Nel raffinato pianismo di Franco D'Andrea la storia degli stili creati a New Orleans

Il trio di Franco d'Andrea al Candiani
Se c’è un elemento che da sempre incanta nella musica di New Orleans è questo sorprendente equilibro tra il blues e il mondo europeo. Una parentesi, nella...

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Se c’è un elemento che da sempre incanta nella musica di New Orleans è questo sorprendente equilibro tra il blues e il mondo europeo. Una parentesi, nella storia della musica statunitense, che tutto sommato si era protratta per pochi anni, un fecondo respiro chiuso definitivamente con la crisi del 1929.

Eppure quel lascito continua a garantire anche oggi spunti di alto livello e il concerto del trio di Franco D’Andrea, al Centro Candiani di Mestre, ha riportato alla luce quel suono corposo che aveva ammaliato fin da piccolo il pianista di Merano.
«In effetti l’armonia della musica di New Orleans - ci spiega D’Andrea al termine dell’applaudito concerto del tour “Traditions today” - per certi versi arriva direttamente da Debussy». D’Andrea recupera i temi più celebri in particolare, come aveva annunciato, il primo Duke Ellington e li ripropone, alternati alle proprie composizioni, con uno sguardo attuale senza mai dimenticare la loro naturale vivacità. Un temperamento energico e al tempo stesso elegante che solo un virtuoso del suo livello poteva coniugare in modo così efficace. E quelle atmosfere, che mai come in questa operazione non sembrano risalire ad un secolo fa, hanno trovato compimento soprattutto per il forte impatto assicurato dall’ispirato clarinetto di Daniele D’Agaro e dal veloce trombone di Mauro Ottolini. Quest’ultimo poi, come vuole la tradizione freneticamente impegnato tra sordine di varie natura, ha saputo coniugare i suoni creati dalla fantasia delle band di Ellington ad un percorso molto personale.
Davvero grande musica, soprattutto se si pensa che troppo spesso lo stile di New Orleans viene visto come qualcosa di datato, nostalgico ricordo del passato. E invece quella fusione tra continenti, rinata dalle intuizioni di D’Andrea, è ancora ricca di significati. Verrebbe da dire, visti i tempi, di speranza.
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Il Gazzettino