Il nome di Daryl Davis potrebbe non essere noto a tutti, ma la sua battaglia merita di essere raccontata. Davis è un cantautore blues americano, ha suonato con artisti del...
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«Quando ero all'estero mi sentivo come se vivessi nel passato di almeno 12 o 15 anni e quando tornavo a casa non capivo che problemi avesse la gente con il colore della mia pelle. Per me era normale, ma non lo era per il mio paese. Una volta venni aggredito solo perché nero e l'episodio mi fece porre una serie di domande: “Come fai ad odiarmi se nemmeno mi conosci?”. Nessuno fu in grado di rispondere».
Daryl Davis si racconta così in un'intervista rilasciata ad Al Jazeera e l'episodio si riferisce a quando, nella prima adolescenza, Daryl era costretto trasferirsi spesso per seguire i genitori che lavoravano agli affari esteri dell'ambasciata americana. «Chi meglio del Ku Klux Klan potrebbe rispondere alle mie domande?». Probabilmente nessuno, così pensò di contattare qualche membro dell'organizzazione. E così fece.
«Volevo sapere perché giudicassero la mia abilità di apprendere e lavorare... e perché dessero per scontato che tutti i neri assumessero droghe e stuprassero le donne bianche». Col passare del tempo il seme del dubbio iniziò a germogliare anche nelle menti più reticenti. «Con queste conversazioni sono riuscito a cambiare un bel numero di cuori e menti» ricorda al giornalista Ryan Rifai. «Hanno cominciato a vedermi come un essere umano, come qualcuno che avesse le loro stesse necessità. Se ti siedi con il tuo peggior nemico per cinque minuti, scoprirai di avere qualcosa in comune con lui. Se ti siedi più a lungo, le somiglianze aumenteranno».
Daryl Davis ha “convertito” direttamente 40 membri del Klan ed è responsabile della defezione di almeno 200 cappucci bianchi. «Ho fatto amicizia con il leader del KKK in Maryland, così quando lui e i suoi fedelissimi hanno lasciato l'organizzazione il gruppo è stato chiuso. In Maryland oggi non c'è più nessuna organizzazione razzista». Anche sul presidente eletto Donald Trump Daryl Davis ha le idee ben chiare: «Credo che l'elezione di Trump sia una delle cose migliori successe in questo paese, sebbene non sia la scelta migliore per la presidenza. L'America è ipocrita perché nega l'esistenza del razzismo, ma ora non è più possibile». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino