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I miti non invecchiano, specie se hanno il carattere di Bob Dylan, il più scontroso, geniale e impenetrabile dei cantautori americani. La sua scorza ispida come quella di un'istrice lo ha preservato dal consumo sfrenato che, in genere, viene riservato ai protagonisti dello star system. Anche se non si può dire che si sia risparmiato, specie nella fase matura della sua vita, con quel never ending tour che lo porta incessantemente in giro per il mondo al ritmo di oltre cento date l'anno. Un viaggio infinito che, anche stavolta, tocca l'Italia con sei date: si comincia stasera agli Arcimboldi di Milano (dove resta fino al 4) poi sbarca a Roma, il 6 e il 7 all'Atlantico live, chiude a Firenze l'8. Anche quello romano è un infinito ritorno, a mezzo secolo dalla sua prima, anonima, leggendaria, almeno nei racconti, performance: il 5 gennaio del 1963 al Folkstudio. Non lo conosceva nessuno, nemmeno Giancarlo Cesaroni, il patron del mitico (anche lui) club romano di via Garibaldi. Ma Cesaroni faceva suonare tutti e suonò anche Dylan, che era arrivato alla ricerca della fidanzata Suze Rotolo che studiava a Perugia e di Odetta, la grande folksinger nera (era un pallino di Cesaroni e, in quei giorni, la cantante doveva registrare un programma televisivo). Durante quei quattro giorni romani, Dylan se ne ripartì il 9 gennaio ed ebbe anche il tempo di scrivere due pezzi Girl from the north country e Boots of spanish leathers. Ma ben difficilmente le due canzoni finiranno nella scaletta dei concerti romani e italiani. Del resto, è assai difficile anche prevedere cosa Dylan canterà: è notorio che la scelta dei pezzi è assai mobile vista sia l'ampiezza del repertorio che la consuetudine che ha con i musicisti che lo accompagnano, a cominciare dal fidatissimo bassista Tony Garnier. LA SCALETTA Stando alla scaletta dei concerti americani, a essere privilegiate sono le canzoni più recenti con attenzione a album, peraltro splendidi, come The tempest, uscito nel 2012, e Love and theft, del 2009. Le escursioni più lontane riguardano A Hard Rain's A-Gonna Fall, la prima canzone registrata nel '62 alla Columbia, per la session dell'album storico The Freewheelin Bob Dylan e Blowin in the wind, o altri classicissimi storici come Time they are a changin o Mr Tamburine man, concesse come bis, ma bisognerà verificare di persona quanto quei pezzi siano ancora riconoscibili, visto che Bob ama rivoltare le sue vecchie canzoni, spesso smantellandole e trasformandole con il suo canto roco.
Il Gazzettino