Sieni: «Ho fatto danzare Venezia» ​Con 32 spettacoli e 9.400 spettatori

Virgilio Sieni
VENEZIA - Il coinvolgimento pieno della città è stato il tratto distintivo del quadriennio alla direzione del settore Danza della Biennale di Venezia di uno dei nomi...

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VENEZIA - Il coinvolgimento pieno della città è stato il tratto distintivo del quadriennio alla direzione del settore Danza della Biennale di Venezia di uno dei nomi italiani più importanti e noti all'estero dell'odierna coreografia e riflessione sulla stessa, Virgilio Sieni. Il direttore uscente proprio nella 10. edizione del Festival internazionale di Danza contemporanea, chiusosi ieri, sembra aver raggiunto il ricercato obiettivo corale. Il suo spettacolo "Danze sulla debolezza", che ha visto esibirsi assieme ai giovani allievi di Biennale College - Danza (l'esperienza "didattica" della Biennale) anche alcuni cittadini, simbolicamente ha chiuso il Festival ieri pomeriggio in campo San Maurizio. «Non lo definirei un sunto - ha spiegato Sieni, soddisfatto della grande risposta di pubblico - ma certo è un tipo di lavoro che ha segnato il mio percorso in questi quattro anni, comprendendo elementi quali la formazione, nel caso dei giovani studenti, e la partecipazione di un mondo non professionale fatto di persone comuni, capaci di donare il loro entusiasmo a grandi temi come la vicinanza, la solidarietà, la capacità di ascolto».


Un progetto diffuso che ha visto la città lagunare protagonista privilegiata: «Venezia presenta una grande opportunità - prosegue Sieni - non ci sono automobili e, al di là di flussi turistici ovviamente ingombranti, permette in ampi tratti di camminare democraticamente, addirittura in molte calli e fondamenta... senza dover acquistare nulla!» Un elemento per Sieni sicuramente "corporeo": «Recuperando il senso della camminata, tra ponti, campi, calli, il corpo fisiologicamente si usa diversamente, per scendere e salire, dal tallone al metatarso, c'è tutta una risposta neurale e percettiva che per un cittadino comune è rivoluzionaria». Che si ripercuote alla fine nello spettatore, o meglio frequentatore, spesso "fidelizzato" nel quadriennio: «Per questo ho cercato di dare vita a una geografia inedita della città, trovare nuovi camminamenti, mettere insieme spazi marginali e spazi simbolici, instaurare geografie diverse, immaginare una sorta di corpo umano, un'organicità poi frammentata, con tante brevi pièce, laboratori e maestri, che con me hanno condiviso questa impresa instaurando una sorta di "filialità"; per tutto questo, Venezia mi rimarrà certamente nel cuore».

Un percorso che ha soddisfatto il presidente stesso della Biennale, Paolo Baratta, che ha definito quello di Sieni, per quanto concerne il connubio di Festival e College, un "modello": «La presenza di coreografi di varia provenienza e scuola artistica - ha aggiunto Baratta - l'alto numero di danzatori selezionati, i laboratori condotti con maestri, il consueto gruppo di amatori che Sieni vuol sempre con sè nel College a testimoniare che la danza è fenomeno "urbano" oltre che teatrale, sono stati gli elementi qualificanti di questa edizione. Edizione che più che mai si iscrive nel novero delle attività svolte con spirito di ricerca, che è proprio della Biennale».


Qualche numero: 25 sono stati i coreografi internazionali presenti, 32 gli spettacoli, molti in prima assoluta o nazionale, per 9.400 spettatori complessivi. Molti, e impossibili da citare tutti, i momenti salienti, quasi specularmente aperti e chiusi da due nomi che hanno lasciato un segno nella danza contemporanea a partire dal Vecchio e dal Nuovo Continente: la francese Maguy Marin, insignita del Leone d'oro alla carriera, e la statunitense Trisha Brown; le quattro coreografie eseguite dalla Compagnia di quest'ultima, sabato sera, hanno dimostrato con la loro incredibile modernità un insegnamento penetrato nel Dna di moltissime esperienze successive, fino ad oggi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino