VENEZIA - È un film che viene da molto lontano, da un arcipelago, le Vanuatu, (quasi) sconosciuto. Un film etnografico, perché non potrebbe comunque non esserlo, antropologico,...
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“Tanna” sarà a Venezia nella Settimana della Critica, il laboratorio del cinema del futuro, curato dal Sindacato critici da 30 anni. E oltre a farci scoprire due cineasti curiosi e singolari, farà conoscere anche altri mondi, altre umanità. “Tanna”, titolo del film, è una delle isole Vanuatu, dove Wawa, una giovane del villaggio Yakel si innamora di Dain, nipote del capo tribù locale. Ma lo scontro con una tribù rivale porta il villaggio a offrire Wawa in sposa, come “scambio” per la pace. I due giovani allora fuggono, cercando di evitare di essere catturati e uccisi dai guerrieri, ma dovranno scegliendo tra le ragioni del cuore e il futuro della tribù che cerca di salvaguardare la cultura tradizionale.
Bentley Dean e Martin Butler sono due documentaristi affermati. E “Tanna” è il loro primo film di finzione. Per girarlo hanno ovviamente convissuto a lungo nei luoghi del set, adeguandosi agli usi e ai ritmi del villaggio, conoscendo il “kastom” che è il nome con il quale viene indicata la loro cultura, la loro struttura sociale. Spiegano i due registi: «Per sette mesi siamo rimasti là, dividendo il loro cibo, vestendo gli stessi “abiti” (praticamente inesistenti: solo una copertura di paglia a nascondere il sesso, chiamata nambas), ascoltando le loro storie e le loro canzoni. Proprio una di queste canzoni narrava la storia che poi sarebbe diventata il nostro film, che è una storia comune a tutto il mondo. Sicuramente è stata una delle nostre esperienze più forti, come cineasti ma anche come uomini, aprendoci a un mondo che sta scomparendo a una velocità rilevante».
Un’esperienza totale, visto che anche i figli di Bentley si sono mescolati ai coetanei locali, giocando e imparando la loro lingua. Una quotidianità vissuta all’ombra di Yahul, il grande vulcano che sovrasta l’isola, vittima di forti terremoti.
L’idea di realizzare questo film è partita molto tempo fa: «Nel 2004 – dice Bentley - venni a conoscenza di questa isola e ho cominciato a pensare a quale fosse il modo migliore per visitarla. E fare un film mi sembrò la cosa migliore. Due anni fa ne parlai a Martin e insieme abbiamo intrapreso quest’avventura. Mostrammo loro un film, per fargli capire cosa volevamo fare. Non avevano mai visto un film, ma la prima cosa che ci chiesero fu: cominciamo domani?».
La scelta del cast e i giorni di lavorazione sono stati particolari: «Sì – racconta Martin – ognuno ha cercato di portare la propria esperienza. Il protagonista maschile fu scelto a furor di popolo, perché il più bello, ma era imbarazzato a girare scene affettuose in pubblico, tabù della loro cultura. Ma ce l’abbiamo fatta. Più faticoso è stato scegliere la ragazza. Abbiamo girato improvvisando giorno dopo giorno, lasciando molto alla loro spontaneità, specie nelle scene più rituali. Era l’unico modo per poter lavorare assieme. Abbiamo iniziato a girare a marzo dell’anno scorso e alla fine è stata un’esperienza di insegnamento per noi e anche per loro».
Ora a Venezia sono annunciati alcuni rappresentati dell’isola, protagonisti del film. Il problema che potrebbe sorgere è che vogliono presenziare, in sala, con i loro costumi, quindi, come detto, praticamente nudi. Non passeranno inosservati. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino