Stoker di Chan-wook Park, se la cosa più difficile è liberarsi dal passato

Un frame del film
VENEZIA - Il romanzo epistolare di Bram Stoker, “Dracula”, ha la stessa vita del suo personaggio: rivive senza poter morire, rinasce ogni volta in letture e...

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VENEZIA - Il romanzo epistolare di Bram Stoker, “Dracula”, ha la stessa vita del suo personaggio: rivive senza poter morire, rinasce ogni volta in letture e trasformazioni diverse. La variante firmata dal sudcoreano Chan-wook Park centra uno dei nuclei tematici delle pagine del romanzo: la liberazione dal passato.




Il vampiro, si sa, non può morire perché qualcosa è successo molto tempo prima, ed egli cerca la morte per mettere fine alla sua eterna peregrinazione nel sangue. Il passato di India (Mia Wasikowska), sensibile adolescente in lutto paterno, si chiama famiglia col bizzarro e mai conosciuto zio Charlie e una madre instabile (la cerulea Nicole Kidman). Per diventare grande e liberarsi dalla minorità bisogna uccidere qualcosa che ci trattiene («non sono fatta solamente di me stessa» sostiene epigraficamente) e anche qualcuno. India è Mina Harker e allo stesso tempo è ogni adolescente che deve uscire dalla fase adolescenziale per trovare la propria matura libertà e ricerca identitaria.



Il gotico di Park lavora all’interno del sangue hollywoodiano e pianta i suoi canini nel corpo del mainstream per succhiarne la linfa migliore e farlo morire per una rinascita algida, torbida, libertina. Il regista di “Oldboy” lavora sui tagli, le attese, le premonizioni, in una geometria quasi astratta e metafisica e in un decor pastello. Come in “Dracula”, anche in “Stoker” l’antitesi principale è tra luce e buio, tra vita e non-morte, e il finale non lascia dubbi in proposito. Clint Mansell (e Philip Glass) è coerente nella tessitura musicale fatta di rimodulazioni e ossessive ripetizioni cristalline che si attagliano alla dialettica geometrica tra India, lo zio e la madre. La sceneggiatura (Wentworth Earl Miller) e il casting, soprattutto in Matthew Goode-zio Charlie, sono decisamente ciò che serviva a un esercizio di stile. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino