La parità sessuale non esiste sul web, donne umiliate

La parità sessuale non esiste sul web, donne umiliate
Fatti, non opinioni. Se un ragazzo posta un video dove fa sesso con qualcuno, donna o uomo che sia, fa un’esibizione di potenza. I like si sprecano, la sua autostima...

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Fatti, non opinioni. Se un ragazzo posta un video dove fa sesso con qualcuno, donna o uomo che sia, fa un’esibizione di potenza. I like si sprecano, la sua autostima aumenta, lo specchio sociale, virtuale e reale, approva. A un’esibizione sessuale di potenza virile i maschi rispondono come duemila anni fa. Non c’è storia. Nessuno si sognerà di insultare quel ragazzo, o quell’uomo, con le migliaia di epiteti volgarissimi, umilianti e stroncanti che ogni giorno sono postati quando è una donna, più o meno giovane, a postare – o lasciar postare – un suo video in pose e atti intimi.

Parliamone con chiarezza alle nostre figlie, nipoti e allieve, riflettendo insieme prima che si feriscano a fondo con quell’arma seducente e insidiosissima che si chiama web. Non esiste parità sul fronte dei comportamenti sessuali e del loro significato sociale. Scordiamocelo. Sul fronte sessuale, la libertà che oggi conosciamo nella vita reale, e solo nel mondo occidentale ad alto reddito, è ancora densa di chiaroscuri. Ed è lontana dalla parità. Basti vedere quante donne sono vittime di aggressioni e violenze, fino all’assassinio, se tentano anche solo di sottrarsi a un rapporto di sudditanza – amorosa e sessuale – dall’uomo che dice di amarle, ma in realtà vuole solo possederle senza discussioni né incertezze, come mille e come cento anni fa, con la stessa gelosia ossessiva e distruttiva. Basti vedere, appunto, la lapidazione mediatica che si scatena con una ferocia arcaica contro la donna colpevole di mostrarsi eccitata e nuda ad occhi curiosi prima, e violenti poi. 
Il gioco di filmarci nel sesso? Scordiamocelo. Quell’immagine ritornerà, inattesa e aggressiva, «insonne e sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo», parafrasando Cesare Pavese, che così parlava della morte. Quella morte emotiva, per depressione, umiliazione, disistima, ferite affettive sanguinanti, se non addirittura reale, per abbruttimento lento e annichilito nell’alcol, nella droga o nella prostituzione (un corpo pubblicamente profanato, anche se la donna è consenziente, non sarà più un soggetto d’amore), o per rapido e definitivo suicidio.
Su che cosa merita condividere una riflessione, a casa e a scuola? La rivoluzione sessuale, grazie anche alla contraccezione a gestione femminile, ha consentito alle donne di scegliere se, quando e con chi diventare madri; se investire nello studio e nella realizzazione personale, prima della o in alternativa alla maternità, conquistando un’indipendenza economica che significa, anche, potere decisionale dentro e fuori la coppia. «Il corpo è mio e lo gestisco io» ha segnato un momento di rottura epocale rispetto al possesso millenario per cui il corpo della donna apparteneva (e ancora appartiene, in molte società) al padre, al marito, al fratello, alla famiglia di origine o acquisita. Oggi abbiamo certamente conquistato, nel mondo occidentale, un maggiore “possesso” del nostro corpo. Purché si scelga di tenerlo intimo, e non pubblico, nel sesso.
Molte delle più giovani rischiano invece di schiantarsi a causa di un’equazione che è ben lungi dall’essere dimostrata: maggiore “possesso” del proprio corpo, e maggiore libertà, di movimento e di scelta, non implica che il significato dei comportamenti sessuali sia diventato lo stesso, per uomini e donne. Scordiamocelo.

Chi tra i genitori ha il coraggio di dire che farsi il ragazzino a dodici o tredici anni non significa essere “grandi”, moderne ed emancipate, ma solo che si rischia di restare incompiute o emarginate nella vita personale e abusate in quella sessuale? Chi ha il coraggio di dire chiaramente che mostrarsi nel sesso sul web può essere fatale? Ricordate il mito folgorante di Amore e Psiche? Narra i fragili incanti dell’amore, intimo e notturno, del cercarsi segreto e del mistero, che troppa luce distrugge. Quanto è vero. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino