Esistono prevenzioni sicure per ridurre la vulnerabilità dei nostri ragazzi alla dipendenza dai social? Dipendenza che li rende più vulnerabili al fallimento nella...
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Che cosa fa vostro figlio/a: studia, lavora, è in formazione? Se la risposta è no, e vive sui social, l’allarme dei genitori dovrebbe essere alto. E non basta incolpare la società contemporanea. Bisogna agire. Anche perché la dipendenza dai social significa anche rischio elevato di cyberbullismo, che nelle fasi iniziali può essere provocato da un comportamento disinibito dell’adolescente, che pur di avere i famosi “mi piace” si spoglia o si esibisce, con rischi pesanti e, a volte, tragici. La solitudine è la prima potente causa della dipendenza dai social. Cosa è mancato nelle vite di tanti ragazzi che trovano nei social quell’illusione di relazioni affettive che non hanno avuto, di fatto, nella vita reale? La presenza, l’attenzione affettuosa: sono orfani emotivi. Ripensate alla conversazioni di ieri con i vostri figli: quante sono state emotivamente intense, significative? E quante pure comunicazioni di servizio: ”Dove sei andato? Hai studiato?”. Oppure rimproveri, ma senza possibilità costruttive: “Perché sei stato/a fuori tutte quelle ore?! Possibile che non ti fai mai trovare?! Sei capace di tornare per il pranzo almeno alla domenica, invece di lanciarti sul frigo quando ti pare? Questa casa non è un albergo!!! E riordina le tue cose, sono stufa di farti da colf!”. E così via. La sensazione che ne deriva può essere molto pesante. Alcuni ragazzi lo dicono chiaramente: “Non esisto nel cuore dei miei genitori, sono sempre troppo impegnati in altro”; “La mamma urla e basta”; “Se sto male, non se ne accorgono nemmeno”. “Stavo seriamente pensando di uccidermi: se ne è accorta mia nonna, che stavo male, mica mia madre! Con mio padre poi, da quando si sono separati lo vedo poco. E non ci diciamo niente che conti...”.
Senza ascolto, senza dialogo vero, con le antenne del cuore attive, un figlio si sente solo. Ascolto non significa interrogatorio. Nell’ascolto, c’è prima di tutto una disposizione d’animo, prima che di orecchi, una disposizione emotivamente affettuosa, prima che cognitiva. L’interrogatorio è l’opposto: perché si fonda sulla ricerca di una serie di eventi, invece che dei loro vissuti, delle emozioni e dei sentimenti che li accompagnano, tutti essenziali nell’ascolto vero.
Nella sostanza, anche se è difficile, genitori e insegnanti hanno un ruolo cardinale nell’aiutare i propri ragazzi a vivere la vita vera e a proiettarsi nel futuro con passione, coraggio e concretezza. Dando il buon esempio e seguendoli da vicino, ma senza viziarli in modo compensatorio. Anzi, un figlio cresce meglio se, fin da piccolo, lo si educa a rispettare anche i suoi doveri. La vita ben vissuta richiede concreto senso di responsabilità, verso se stessi e verso gli altri. Ed è meglio impararlo fin da piccini. Poi diventa sempre più difficile… E vivere sui social è un’illusione di vita.
www.alessandragraziottin.it Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino