L'11 ottobre il Senato ha convertito il decreto sul cosiddetto...
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Il giro di vite deciso dal legislatore fa seguito alle campagne di stampa e allo sdegno dell'opinione pubblica di fronte ai numerosi atti di violenza nei confronti delle donne di cui ci hanno tristemente abituato le cronache quitidiane. Più che un'emergenza, quello a cui stiamo assistendo si presenta come un fenomeno endemico e dunque, se possibile ancora più preoccupante. Dal 2000 al 2011 sono state uccise in Italia più di 2000 donne (fonte Eures) e 7 su 10 hanno perso la vita in ambito familiare (metà delle quali dopo aver troncato una relazione). Dati che devono far riflettere. Le statistiche smentiscono che vi sia un incremento di omicidi di donne negli ultimi anni, al contrario di quanto percepito dalla gente: secondo Eures i casi hanno registrato un calo nel 2012 (159) rispetto all'anno precedente (170). Eures colloca il picco nel 2000, con 199 donne uccise (rapporto annuale "L'omicidio volontario in Italia"). Del totale 2012, gli omicidi avvenuti in ambito familiare sono stati 107 (120 nel 2011). Secondo le statistiche fornite dall'Istat il numero di omicidi di donne è rimasto sostanzialmente stabile, con un tasso dello 0,5 ogni 100mila abitanti dal 1992 al 2009 (ultimo anno di riferimento). Se alle uccisioni si aggiunge il gran numero di episodi di violenza, maltrattamento, persecuzione (su cui non esistono statistiche certe), l'endemicidità del fenomeno diventa ancora più preoccupante; meritevole di un dibattito e di interventi che vadano al di là di un titolo allarmato in occasione dell'ennesimo episodio. La soluzione per via giudiziaria di una problematica di tale gravità non può essere l'unica. Ben vengano sanzioni più severe e misure cautelari che consentano di assicurare maggiore protezione alle donne, e più in generale alle persone più deboli a rischio. Contestualmente è necessario, però, uno sforzo più ampio, capace di coinvolgere l'intero tessuto sociale; una "mobilitazione culturale" con l'obiettivo di trasformare quel "modello" che continua ad avere, come risultato estremo, la violenza di genere. Pensiamo alle pubblicità martellanti o a certi programmi televisivi che continuano a "fotografare" la donna come un oggetto, alla faccia delle decennali battaglie per la parità tra i sessi e contro le discriminazioni. Si tratta di un percorso che deve coinvolgere scuole, famiglie e la politica, quella con la P maiuscola. Delegare la soluzione del problema solo a polizia e magistratura non è sufficiente.
Il Gazzettino