Venezia 80 giorno 1. De Angelis e Cavani il pericolo dal mare e dal cielo

Venezia 80 giorno 1. De Angelis e Cavani il pericolo dal mare e dal cielo
Se il buongiorno si vede dal mattino, la pioggia che ha accolto la prima proiezione non si direbbe proprio il segnale giusto....

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Se il buongiorno si vede dal mattino, la pioggia che ha accolto la prima proiezione non si direbbe proprio il segnale giusto. E altrettanto si può dire all’entrata sullo schermo dei film. Ieri subito tre italiani: l’apertura in Concorso della Mostra (“Comandante” di Edoardo De Angelis); l’ultimo lavoro, Fuori Concorso, di Liliana Cavani (“L’ordine del tempo”) ad accompagnare la consegna del suo Leone alla carriera; e infine, alle Giornate degli Autori, l’esordio di Tommaso Santambrogio (“Gli oceani sono i veri continenti”). Nessuno dei tre lascia un ricordo rilevante.

Primo dei 6 italiani in Concorso, “Comandante” di Edoardo De Angelis ha il pregio di svelare un episodio all’alba della II Guerra Mondiale, del tutto dimenticato o sconosciuto. Protagonista è il comandante Salvatore Todaro, di origini chioggiotte, che a bordo del sommergibile, in pieno Atlantico, affonda un mercantile belga, dopo un rapido scontro a fuoco, decidendo poi, nello sconcerto della sua truppa, di portare in salvo i marinai nemici rimasti vivi, anziché lasciarli morire alla deriva sulla loro scialuppa. Un gesto eroico e antibellico, che Todaro purtroppo non conservò a lungo, morendo in battaglia soltanto due anni dopo. De Angelis ci mette un’ora a entrare nello specifico dell’episodio, ma questo non sarebbe di per sé un male. Purtroppo tutta la preparazione ha la cadenza infiammabile di un melodramma grossolano e stilisticamente grezzo (la moglie al pianoforte che suona Mascagni, la partenza dal molo, la crocerossina disperata, qualche nudo gratuito), pur connotando l’indole già umanitaria del Comandante (un Favino che talvolta eccede nelle sottolineature), con il discorso sulla paura. Oscillando tra digressioni quasi folkloristiche (le varie regionalità, dialetti compresi, le ricette, la performance di “’O surdato ‘nnamurato” con tanto di mandolino, la disputa sulle patatine fritte dei belgi, il coro di “Un’ora sola ti vorrei”), troppe voci fuori campo spesso didascaliche e improvvise accelerazioni belliche, a De Angelis non riesce di usare la retorica, che lui ama da sempre, scardinandola dall’interno, ma finendo per esserne egli stesso soggiogato e trovando soltanto nella parte finale quel desiderio di una pietà universale, che diventa la vera necessità del film, scandita prima di tutto dai corpi nello spazio esiguo del sottomarino, non senza un evidente riflesso alla cronache migratorie odierne, quando si dice che la legge del mare prevede che le persone vadano sempre salvate. Anche se nemiche. Voto: 5.

Non è certo “L’ordine del tempo” il film che identificherà al meglio la lunga e importante carriera della 90enne Liliana Cavani, che merita rispetto, nonostante si tratti di un’opera debole e senile, che guarda alla paura della morte, sfruttando il pericolo di una umanità (borghese) in vacanza, che scopre come un meteorite stia per colpire la Terra, ponendo fine a tutto. Tratto dal libro del fisico Carlo Rovelli, abbandona ogni teatralizzazione del pericolo (in realtà sulla spiaggia ognuno continua a fare una vita abbastanza normale in attesa dell’impatto), dimostrando come la perdita di ogni sicurezza sia più un modo per rendicontare la propria vita, ognuno scoprendo i lati segreti e oscuri (in questo più che a “Don’t look up”, che è tutt’altra cosa, si può perfino pensare a “Perfetti sconosciuti”). Ne esce un film fragilissimo, di impostazione ormai scaduta, dove forse solo una clarissa è in grado di cogliere, nel suo atto di fede, l’ipotesi del senso della vita (e della morte), nel tempo inafferrabile dell’esistenza. Voto: 5.

Infine è pregevole l’esordio di Tommaso Santambrogio che riprende un suo corto omonimo, presentato alla Settimana della Critica nel 2018, ma pecca di manierismo eccessivo, sulle tracce evidenti di Lav Diaz, con il quale Santambrogio ha collaborato in passato e che qui firma le musiche. Le storie diventano ora tre: quella dei teatranti Alex e Edith, già all’origine del corto; quella della pensionata Milagros; e quella di due bambini che sognano il baseball e l’America, forse quella che riesce ad appassionare di più. Sullo sfondo una decadente Cuba in bianco e nero. Voto: 6.

 

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Il Gazzettino