Un utero, normalmente, ospita una generazione, e ne vede due. Che ne ospiti due e ne veda tre, fino a ieri era fantascienza. Questa è la storia avventurosa dell’utero...
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Il trapianto d’utero può essere effettuato da donatrice deceduta (con morte cerebrale ma cuore pulsante) oppure da donatrice vivente. «Magari potessi regalare il mio utero a mia figlia!», pensa la mamma. Viene consultato il dottor Brännström. «Certo, è possibile – dice lui – Anzi, la mamma donatrice è una fortuna perché metà del patrimonio genetico della figlia è uguale alla mamma. Ancor più, se la mamma ha avuto figli suoi con parti vaginali normali». «Tuttavia – prosegue il medico – vi informo che la tecnica è pionieristica. Il prelievo dell’utero richiede un intervento molto lungo: circa dieci ore per togliere l’utero e cinque ore per re-impiantarlo. Bisogna aspettare qualche mese, per vedere se le mestruazioni ritornano e se non compare il rigetto. Per ridurre questo rischio è necessaria una cura “immunosoppressiva” per calmare il sistema immunitario, sia ora, sia durante la gravidanza. Infine, anche i dati sull’impatto sul bambino sono preliminari». La mamma non ha dubbi: «Qualsiasi cosa, purché mia figlia possa realizzare il sogno di un bimbo suo!».
L’intervento di asportazione dell’utero alla mamma dura dieci ore e 17 minuti, il trapianto alla figlia 4 ore e 44 minuti. L’utero protagonista del trapianto è perplesso, ma si comporta bene: la prima mestruazione spontanea, in risposta agli ormoni normalmente prodotti dall’ovaio della ragazza, compare dopo 33 giorni. Piangono insieme mamma e figlia, per la commozione e il sollievo. Un anno dopo, viene effettuato il trapianto di un’unica blastocisti (embrione iniziale): l’utero ha qualche sussulto di rigetto, ma risponde bene ai farmaci immunosoppressori. Soprattutto, all’idea di essere il protagonista di una rivoluzione: ha fatto crescere la bimba che ora lo ospita e ora fa crescere suo figlio. Alla 34a settimana viene fatto il taglio cesareo: nasce un bimbo sano, nella commozione generale. Dopo qualche mese, la giovane donna decide: è felice, ma non se la sente di continuare le cure immunosoppressive per avere un secondo figlio. «Questo è già un miracolo», dice. Un altro intervento e l’utero viene rimosso per sempre.
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Il Gazzettino