Un brutto anatroccolo, un cigno, un mondo al femminile: un risto- charme

Un brutto anatroccolo, un cigno, un mondo al femminile: un risto- charme
...Mamma anatra lasciò la tana dove aveva partorito cinque anatroccoli più …uno che appariva diverso, nato da un uovo che impiegò un tempo desueto per...

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...Mamma anatra lasciò la tana dove aveva partorito cinque anatroccoli più …uno che appariva diverso, nato da un uovo che impiegò un tempo desueto per aprirsi,  più grande e più scuro delle uova dalle quali erano usciti gli altri anatroccoli. Giunta al pollaio, mamma anatra con la sua “covata” numerosa  venne accolta con espressioni di festa, ma quando , ultimo della fila, arrivò il “diverso”  un coro di rifiuto si alzò dalle anatre:  “Lui non lo vogliamo. Quel brutto anatroccolo non deve stare con noi”: e  l’anatra più inferocita saltò addosso al brutto anatroccolo e gli beccò il collo. “Lasciatelo stare – gridò la madre  - non ha fatto niente a nessuno”….  La vita “sociale” difficile del “Brutto anatroccolo” continua finchè la persecuzione del diverso, nato per errore con la covata degli anatroccoli ma appartenente ad altra razza non arrivò , dopo tante peripezie e rifiuti,  nello spazio vicino all’isolotto che ospitava una nidiata di cigni  con finale glorioso dovuto alla scoperta che rivelò al brutto anatroccolo la sua appartenenza a  quel  mondo. E il “brutto anatroccolo” si riconobbe un bellissimo cigno guardato da tutti con ammirazione.

Una fiaba… un ricordo … una metafora elegante per dire al mondo la  disponibilità a non escludere nessuno, il  bisogno di comprensione , il rifiuto di esclusioni preconcette, alla quale ha fatto ricorso  una signora di mezza età, veneta, una imprenditrice a molti carati, Ida Poletto, padovana con un DNA che ha carpito alla mamma calabrese, tosta e modernissima, il piglio manageriale che la distingue e al padre veneto l’empatia che suggerisce per il pugno di ferro guanti di velluto.  Il raccordo tra la fiaba di Andersen e Ida Poletto è nella scelta di chiamare così, “Il brutto anatroccolo”, un ristorante-charme aperto qualche anno fa in territorio padovano, ad Abano, attiguo all’albergo che la signora di ferro dirige con la sorella Terry, bellissima donna della stessa tempra, continuando quella gestione femminile avviata dalla madre  (una marescialla che molti ricordano con ammirazione e rispetto) sostenuta da un’esperienza familiare che consente caratteristiche diverse nei modi, nelle situazioni, nella forma e di conseguenza nella sostanza.
Risalire al rapporto che il brutto anatroccolo deve aver avviato con Ida Poletto bambina non è difficile: suggestioni segrete di inadeguatezza (frequenti nell’infanzia dove non si ritrovino diverse forme di aggressività indotta) , catarsi  quando si scopre che l’inadeguatezza è solo una risposta al bisogno di venire accettati, apprezzati, così difficile da riscontrare se non dopo anni di impegno spesi a esternare ciò che può trasformarci  nel bellissimo cigno.
Questa fiaba, con caratteri mega tracciati con un pennarello sul dorso delle sedie del ristorantino chic nel complesso dell’Abanoritz, è una specie di outing di Ida Poletto,  personaggio  eclettico che – incuriosita dal suo look (che si orienta su capi di abbigliamento curiosi e personalissimi) -  ho incontrato nelle vesti di editore di una delle più belle riviste di pensiero conosciute nella mia storia professionale. Albergatrice di mestiere, Ida Poletto  aveva inventato e dirigeva con competenza editoriale, un “giornale” , un magazine in formato molto, molto elegante  (il “Virtuose”) , dove venivano ospitati pensieri, progetti intellettuali, commenti arguti su fatti ,  ideologie, cose e persone del nostro tempo. L’editoriale comprendeva sempre un soggetto intellettuale che Ida elaborava con una sensibilità al femminile forgiata su basi di cultura classica che è entrata nel suo DNA fin da bambina.

… E il brutto anatroccolo, sfatando  la riluttanza di chi lo rifiutava perché diverso,  scoprì di essere un bellissimo cigno … Il racconto di Andersen,  riportato  fedelmente a pennarello da Ida Poletto sulle sedie del  piccolo ristorante charme che porta il nome della famosa fiaba, è diventato un messaggio , un manifesto segreto per il mondo dell’ospitalità che oggi rappresenta  l’obbiettivo e l’impegno della signora di Abano.

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Il Gazzettino