Ufficiale e gentiluomo: Comandante oscilla Ma il film del giorno è firmato Gondry

Ufficiale e gentiluomo: Comandante oscilla Ma il film del giorno è firmato Gondry
Dirottato improvvisamente a film di apertura all’ultima mostra di Venezia, dopo la cancellazione di...

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Dirottato improvvisamente a film di apertura all’ultima mostra di Venezia, dopo la cancellazione di “Challengers” di Luca Guadagnino nell’ora calda della vertenza hollywoodiana, “Comandante” di Edoardo De Angelis ha il pregio di svelare un episodio all’alba della II Guerra Mondiale, del tutto dimenticato o sconosciuto. Protagonista è il comandante Salvatore Todaro, di origini chioggiotte, che a bordo del sommergibile, in pieno Atlantico, ordinò di affondare un mercantile belga, dopo un rapido scontro a fuoco, decidendo poi, nello sconcerto della sua truppa, di portare in salvo i marinai nemici rimasti vivi, anziché lasciarli morire alla deriva sulla loro scialuppa. Un gesto eroico e antibellico, che Todaro purtroppo non conservò a lungo, morendo in battaglia soltanto due anni dopo. De Angelis ci mette un’ora a entrare nello specifico dell’episodio, ma questo non sarebbe di per sé un male. Purtroppo tutta la preparazione ha la cadenza infiammabile di un melodramma grossolano e stilisticamente grezzo (la moglie al pianoforte che suona Mascagni, la partenza dal molo, la crocerossina disperata, qualche nudo gratuito), un tratto piuttosto ricorrente nella filmografia del regista napoletano. Oscillando tra digressioni quasi folkloristiche (le varie regionalità, dialetti compresi, le ricette, la performance di “’O surdato ‘nnamurato” con tanto di mandolino, la disputa sulle patatine fritte dei belgi, il coro di “Un’ora sola ti vorrei”), troppe voci fuori campo spesso didascaliche e improvvise accelerazioni belliche, De Angelis non riesce a usare la retorica, che lui ama da sempre, scardinandola dall’interno, ma finendo per esserne egli stesso soggiogato e trovando soltanto nella parte finale quel desiderio di pietà universale, che diventa la vera necessità del film, scandita prima di tutto dai corpi nello spazio esiguo del sottomarino, non senza un evidente riflesso alle cronache migratorie odierne, quando si dice che la legge del mare prevede che le persone vadano sempre salvate. Anche se nemiche. Proprio per questo sembrano un po’ pretestuose le polemiche sul complessivo valore reazionario del film, connotando semmai l’indole umanitaria del Comandante presente a più riprese nel film e chiaramente esplicate nel discorso sulla paura, che descrive la sensibilità inusuale, di chi era comunque all’epoca ufficiale fascista. Con un Favino, ancora lontano dalle prediche sulla necessità nazionale degli attori, eccedente talvolta nelle sottolineature, “Comandante” però mostra troppe incertezze, specie nella fase più claustrofobica, finendo con lo sprecare un personaggio e una storia che avrebbero meritato altro respiro. Voto: 5.

COME DIVERTE UN REGISTA IN CRISI - Un regista in crisi, respinto dai produttori perché non ritenuto all’altezza, insiste nel terminare il proprio film, rifugiandosi da una zia e dagli amici. Da sempre cineasta eterogeneo e geniale, il francese Michel Gondry stavolta con “Il libro delle soluzioni” traccia una specie di autoritratto malinconico e sorprendente, facendo della lavorazione, assai curiosa, di un film, una commedia spassosa come poche, piena di trovate e situazioni tra il ridicolo e il disperato. Il massimo è quando licenziato il direttore d’orchestra incaricato di far eseguire la colonna sonora, il regista (un bravissimo Pierre Niney) inventa un linguaggio corporeo che spieghi ai musicisti che note devono eseguire. Voto: 8.

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Il Gazzettino