Troppi slogan, sempre meno analisi. Per fregarci meglio

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La comunicazione si fa attraverso slogan. Sempre di più. Frase brevi...

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La comunicazione si fa attraverso slogan. Sempre di più. Frase brevi di sicuro impatto. Poche parole: nel migliore dei casi i 160 caratteri di un "twit". Perfino i giornali hanno accorciato i rigaggi: articoli più brevi, titoli più grandi, tante foto e sommari. La scusa è che la gente non ha tempo. Non legge. Con il risultato che non c'è più spazio per spiegare nulla. Tutto è portato all'estrema sintesi, troppo spesso alla banalizzazione. Di fronte ad una società sempre più complessa e più complicata, la comunicazione sceglie la strada dello spot. Che lo faccia la politica è comprensibile (anche se non giustificabile): per cercare il consenso è necessario che il popolo capisca poco. Il messaggio deve essere semplice, chiaro, facilmente memorizzabile; deve attirare simpatia e consenso. Dunque, meglio se banale; se falsamente positivo. Chi governa è dalla parte del "fare". Ma, per sembrare bravi ed efficienti, è ancor più importante annunciare di voler fare. Fare riforme, progetti, opere pubbliche, nuove leggi. Non interessa spiegare quali. Poco importa in che modo si vuol procedere, quali saranno le conseguenze di quelle scelte. Più si sta in superficie, meglio è. E, quando il cittadino scoprirà la fregatura, sarà ormai troppo tardi. Ciò che sorprende è che la stessa superficialità sta contagiando i mezzi d'informazione, sempre meno disponibili (a parte rare eccezioni) ad approfondire e indagare, ma anche più semplicemente ad analizzare i provvedimenti adottati e illustrarli dettagliatamente ai propri lettori, magari con qualche commento e valutazione. Si preferisce il clamore, la sterile polemica. Si offre spazio all'urlatore di turno, che commenta (spesso a vanvera) nuove leggi di cui non viene dato alcun concreto dettaglio. Il tutto in articoli sempre più brevi. In questo modo si illude la gente di essere informata, ma in realtà la si tiene nell'ignoranza. La si travolge di notizie, molte delle quali inutili, per evitare che si concentri su quelle davvero importanti. Per manovrarla meglio, giocando soprattutto sulle sue paure. Oggi lanciando l'allarme terrorismo, domani quello dell'invasione di qualche "foresto" (un tempo erano i "terroni", oggi i profughi africani): è sempre necessario trovare un nemico qualsiasi per distrarre il popolo dai problemi concreti, a cui la politica non riesce a dare risposta. E, mentre si chiedono pene esemplari per qualche clandestino, la cui unica colpa è di essere entrato in Italia senza documenti per scappare da guerre e persecuzioni, si consente il saccheggio delle risorse pubblica da parte di evasori fiscali e corrotti, e l'arricchimento di pochi, a danno di gran parte dei cittadini. Una storia già vista, che si ripete anche negli anni della comunicazione globale e istantanea che ci illude di sapere tutto in tempo reale. Ma è troppo spesso un'illusione.
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Il Gazzettino