Torino 38/1 - L'orrore quotidiano e l'horror immaginifico: il Diavolo è tra noi

Torino 38/1 - L'orrore quotidiano e l'horror immaginifico: il Diavolo è tra noi
In questo anno disgraziato, anche il Torino Film Festival finisce online, distanziato dalle sale cittadine, da quel giro di curiosità che ogni anno si cattura al...

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In questo anno disgraziato, anche il Torino Film Festival finisce online, distanziato dalle sale cittadine, da quel giro di curiosità che ogni anno si cattura al centro di una città, dove è sempre piacevole fare un salto ogni tanto. E quindi niente: visioni casalinghe e la speranza che tutto questo finisca e si ritorni, oltre a una vita normale, senza il terrore di ammalarsi o di restare senza soldi, anche al cinema, sempre più luoghi chiusi e abbandonati e speriamo un giorno non dimenticati. La prima giornata del festival si muove tra l’orrore quotidiano, specie ai confini tra Messico e States, e l’horror immaginifico, dove in azione c’è sempre il Diavolo.

SIN SEÑAS PARTICULARES di Fernanda Valadez (Concorso) - Due giovani messicani lasciano le famiglie, per arrivare negli Stati Uniti, ma fanno perdere presto le tracce. Le madri cercano disperatamente notizie: una purtroppo è informata subito della sua morte, avvenuta per un assalto banditesco al pullman che li portava alla frontiera; l’altra si mette alla ricerca, grazie anche al racconto dell’unico sopravvissuto di quell’assalto e a un ragazzo espulso dagli States, ma la sorpresa sarà agghiacciante. Il film di apertura del Tff è un esordio assoluto ed è un film che lascia un forte segno, non solo nel raccontare la violenza e il pericolo che si vivono quotidiana a ridosso della zona del confine, ma anche per come lo racconta: tempi dilatati, un senso panico dei luoghi, il dolore di chi ha perso i contatti con i familiari, il pessimismo di un mondo pulsante di morte. Su quel tratto di terra che ricorda l’inferno (si veda il racconto dell’assalto, dove la tragedia si sviluppa in mezzo al fuoco), la verità è anche peggio dell’oblio, in un finale che ricorda la sorpresa spaventosa di La donna che canta. Voto: 7,5.

THE DARK AND THE WICKED di Bryan Bertino (Le stanze di Rol) – L’esordio della nuova sezione, che dovrebbe prendere il posto della vecchia “After hours”, ma con nuovi percorsi e nuovi stimoli, è l’ultimo film di Bryan Bertino, del quale si ricorderà almeno The strangers. Due fratelli tornano nella fattoria di famiglia, dove il vecchio padre è immobilizzato a letto, in prossimità della morte. La madre, che dà segni di squilibrio si impicca in circostante misteriose, mentre anche i figli cominciano ad avere incubi. Ragionando scopertamente sui cliché dell’horror, Bertino rinuncia, come sempre, a significanze politiche e firma un film davvero spaventoso, dove la potenza del Male si esprime attraverso una costante, fantasmatica, tellurica presenza del Diavolo, in un disegno irrimediabilmente pessimista (il finale è eloquente), nel quale la paura esplode con una tensione formidabile. Un horror notevole. Voto: 7,5.

THE EVENING HOUR di Braden King (Concorso) – In una cittadina mineraria del West Virginia, oggi consumata dalla crisi e dall’abbandono, Cole è un infermiere a domicilio che si occupa degli anziani, trafugando medicinali per aggiustare le entrate, altrimenti povere. Il ritorno in zona di un amico adolescenziale, scatena una serie di eventi drammatici. Ancora uno scandaglio sulla provincia americana, destinata a una quotidianità malinconica e brutale, sofferta e malavitosa. Il film di Braden King non aggiunge granché a un rituale narrativo consolidato e forse anche consumato, nonostante le buone prove attoriali, specie del protagonista, Philip Ettinger. Tratto da un romanzo di Carter Sickels, magnificamente fotografato nell’autunno di un paesaggio dolente, è una ballata che scuote il corso della storia, senza mai essere troppo crudele, dove l’inevitabile epilogo ravviva almeno l’azione. Voto: 6.

GUNDA di Victor Kossakovsky (Doc/Fuori concorso) – Maiali, polli e mucche riprese nei loro atteggiamenti più “intimi” e personali, come fossero umani, cercando di catturarne lo spirito esistenziale. Il regista russo Kossakovsky conferma il suo eccellente sguardo documentaristico in quest’opera di origine americana-norvegese, lontana dallo stile Nat Geo Wild, già passata a Berlino quest’anno, curiosa e perfino a tratti divertente, ma che alla lunga diventa anche purtroppo un po’ noiosa. Voto: 6,5.

 

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Il Gazzettino