Torino 36, giorno 4. Mastandrea deludente ma un Angelo porta il cinema a volare alto

Torino 36, giorno 4. Mastandrea deludente ma un Angelo porta il cinema a volare alto
Arriva il film italiano in Concorso (è l'esordio di Valerio Mastandrea alla regia) ed è una delusione. Sorprende invece Angelo, esteticamente rigoroso. ...

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Arriva il film italiano in Concorso (è l'esordio di Valerio Mastandrea alla regia) ed è una delusione. Sorprende invece Angelo, esteticamente rigoroso.


RIDE di Valerio Mastandrea (Concorso)
– Morto il marito in un incidente sul lavoro, una donna si appresta con il figlio di 10 anni il funerale. Ma il dolore non si manifesta come uno si aspetterebbe. L’esordio di Mastandrea alla regia mostra evidenti difficoltà a fortificare un racconto anche paradossale, ma che vorrebbe confidare su un continuo sbandamento emotivo, evitando possibilmente una narrazione lineare e convenzionale. Purtroppo il tatto d’autore manca e il risultato è qualcosa di imprevisto sì ma soprattutto di indefinibile e il film annaspa in questa sua voglia di essere forzatamente spiazzante. Delusione. Voto: 5.
DEAD NIGHT di Brad Baruh (After Hours)
– Una famiglia va a trascorrere un weekend in una baita di montagna, in un luogo che si dice possiede qualità terapeutiche. Ma l’arrivo di una donna, candidata alle elezioni, porta scompiglio nella quiete boschiva. Un horror che dilata il suo entusiasmo soprattutto sull’aspetto più immediatamente ludico, trascurando purtroppo quella doppia sottotraccia che si sarebbe giovata di un interesse maggiore, sia sul versante politico (il Male che conquista e affascina l’elettorato), sia su quello dei media, con una delle tante ricostruzioni televisive dell’accaduto (che viaggia in parallelo ai fatti reali), che puntualmente non sono in grado di catturare alcuna verità. Voto: 6.
ANGELO di Markus Schleinzer (Concorso)
– Un bambino arrivato dall’Africa viene venduto a una contessa asburgica (Rohrwacher), fino a diventare un elemento attrattivo a corte. Ma la sua voglia di libertà procurerà svolte improvvise alla sua vita. La storia di Angelo Soliman, africano vissuto nell’Austria del ‘700, viene ricostruita a capitoli, attraverso un racconto rigoroso, esteticamente raggelante, chiuso nel formato del 4/3, tra tableau vivant e un senso costante di morte. Schleinzer firma un film a tesi che forse ingabbia altrettanto i proprio personaggi e ricorda vagamente la stessa operazione compiuta da Jessica Hausner in “Amour fou”, ma dimostra tutta l’ambiguità che regge lo spartiacque tra libertà e schiavitù e quel falso ecumenismo che mantiene comunque viva la superiorità di chi ha il potere e il suo razzismo, con un finale anche splendidamente simbolico. Un film fortemente politico e, per quanto all’apparenza ostico, perfettamente coerente sul piano estetico. Voto: 7½.

NERVOUS TRANSLATION di Shireen Seno (Concorso)
– La vita monotona e triste di una bambina di 8 anni, spesso lasciata sola in casa dalla madre che lavora e da un padre, che è lontano. Dalle Filippine un film piccolo e sussurrato, forse ripetitivo e fragile, ma che riesce a creare lo spaesamento emotivo di un bambina che deve diventare grande troppo presto. Il finale, potentemente evocativo, fa i conti con un intero Paese nel dopo Marcos e con la storia personale di una famiglia, raccontata con intelligenza e sensibilità, ma che si accontenta di restare a galla, come dopo un tifone. Voto: 6.

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Il Gazzettino