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Una porta come altre dei palazzi tipici dei quartieri alti parigini. Un invito inatteso firmato Kenzo per un incontro con la stampa . L’occasione: la nascita di un marchio destinato a riproporre la creatività dello stilista giapponese più famoso, assegnata a una mini capsule di grand foulard da usare come mantella, come poncho, come accessorio importante. - “Ma non aveva venduto marchio e tutta la sua eventuale applicazione a LVMH con l’impegno di non produrre più nulla che portasse il suo nome?” Interrogativi che fissavo rapidamente sul quaderno di appunti mentre mi avvicinavo all’ingresso dove un giovane guardiano ci attendeva per farci conoscere una casa unica al mondo. Preoccupazione del custode era infatti richiudere ogni volta il portone per far sì’ che la sorpresa si rinnovasse per ognuno dal primo passo dentro casa. E aveva ragione. Attraversato un piccolo cortile dal carattere tutto francese, in pietra e macchie di vegetazione , si entrava in uno spazio totalmente giapponese, caratterizzato da un arredo che faceva somigliare l’ingresso a quello di un tempio modernissimo. Kenzo era ad attendere i suoi ospiti, cortese come sempre, cordiale con chi non rivedeva da tempo ma ricordava bene , invitando a proseguire verso un mondo incantato: una sequenza di salotti e salottini ravvivati da cuscini coloratissimi, con la parete che si affacciava su uno spazio aperto totalmente trasparente. Fuori - ricavati nel giardino - piccoli laghetti circondati da vegetazione bassa abitati da qualche anatra che galleggiava vanitosa. Salotto con laghetto e , subito dopo, sul fronte della casa opposto altra stanza per ospiti affacciata su uno stagno pieno di suggestioni orientali. Così Kenzo aveva trasformato il giardinetto che normalmente circondava la casa in una serie di elementi liquidi che rendevano improbabile la realtà di un appartamento nel cuore di Parigi. Alberi nani, siepi bassissime e folte di un verde lussureggiante, pochi fiori ma comunque fiori di pesco, trattati come alberi. Tanto verde, alternato a qualche spazio pietroso nel quale qualche fontanella continuava quel concerto d’acqua che sonorizzava piacevolmente l’intero percorso di quella casa: un frammento di Giappone non lontano da Place des Invalides. E a completare quella musica qualche piccolo ruscello che scorreva surreale tra il divano del salotto e un mobile prezioso Alle pareti, disegni per stampe che hanno fatto di Kenzo il sovvertitore del vecchio sistema moda quando negli anni Settanta esordì a Parigi con il suo mondo variopinto, i suoi volumi ampi, il gioco del kimono, il coraggio di esagerare con i cenni a foreste, o a onde marine, i colori delle bambole “kokesh”, i primi animals quasi parlanti dipinti, ricamati, stampati , l’esaltazione del cotone fino allora snobbato. IL cuore di Kenzo, francese da quel lontano 1968, quando, abbandonato il Giappone dov’era nato (in una famiglia che non lo avrebbe mai voluto personaggio della moda), approdò sulla Senna deciso a imporre alla moda una rivoluzione che sovvertisse i canoni di bon ton in voga come codici di perbenismo fino agli anni Sessanta.
A noi dell’universo moda, che lo seguimmo sempre con l’attenzione che la sua “arte” meritava, restano bellissimi ricordi.
In questi giorni, a Parigi, nel programma della Fashion Week, per la presentazione della sfilata Kenzo ( la collezione P/E 2021, disegnata per il marchio da Baptista Olivera ) era stata annunciata la presenza dell’ottantunenne stilista alla sfilata ( certamente non più in sella all’elefante come ci apparve un tempo alla fine di uno dei suoi indimenticabili show). Ma non si è visto: questa volta, non per sua volontà , Kenzo ha reso ancora una volta indimenticabile l’occasione con la sua tragica assenza: un comunicato ci informava tristemente che lo stilista giapponese era morto per Covid19 nell’Ospedale americano di Neuilly sur Seine. Ciao Kenzo.
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Il Gazzettino