Razzismo, i piloti si spaccano: Hamilton s'inginocchia Leclerc e Vertappen no

I piloti di Formula 1 durante il minuto di silenzio contro il razzismo
Il re chiama, la Formula 1 s’inginocchia ai suoi piedi. Non senza qualche velata polemica. Una scena forse esagerata e un po’ tardiva, forse eccessivamente rituale,...

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Il re chiama, la Formula 1 s’inginocchia ai suoi piedi. Non senza qualche velata polemica. Una scena forse esagerata e un po’ tardiva, forse eccessivamente rituale, che ha rischiato di spaccare il gruppo, sempre altamente competitivo, su un tema sul quale sono tutti d’accordo. Lewis Hamilton, il primo pilota della massima espressione del motorsport di colore, il primo campione del mondo con la pelle scura e, presto, il driver più titolato di tutti i tempi, è un ragazzo buono e dal cuore grande.


Un fenomeno che aiuta gli altri, sta lontano dalle polemiche e accoglie le decisioni con disciplina e serenità. Ieri, dopo la gara, in pochi al suo posto si sarebbero comportati come lui. Un sei volte campione del mondo, che è stato retrocesso sulla griglia e poi gli è stato tolto il secondo posto al traguardo, è difficile che accetti i verdetti con glaciale distacco, senza mettere in discussione le decisioni dei giudici. Nemmeno fosse un esordiente.bLewis ha sempre difeso le minoranze e le discriminazioni, si è impegnato per la difesa dell’ambiente e il futuro del pianeta.

Nei mesi scorsi è rimasto molto colpito per la morte di George Floyd, proteste e manifestazioni si sono susseguite non solo in America e a molte di queste ha partecipato anche personalmente. Così, ha pensato di coinvolgere il suo mondo, un ambiente di cui è la massima espressione ed una grande visibilità mediatica, a livello planetario. Grazie al suo carisma, è riuscito a coinvolgere Fia e Liberty Media a tributare un minuto di silenzio alla causa sulla linea del traguardo durante la griglia di partenza prima dell’inno nazionale austriaco. Tutti i driver hanno accettato di buon grado perché convinti dell’importanza del gesto di indossare una maglietta nera con la scritto «fine al razzismo».

Fin qui, tutti d’accordo. I venti scalmanati della velocità si sono, in parte, divisi sull’ultimo rituale: inginocchiarsi durante i 60 secondi silenziosi. Senza nessuna polemica, il gruppo si è spaccato: 14 si sono inchinati al silenzio, 6 sono rimasti in piedi in rispettoso raccoglimento. Non ha criticato la scelta Lewis, rispettoso delle minoranze. Fra i ragazzi che non si sono “piegati”, due calibri pesanti dal punto di vista della guida, rappresentanti di scuderie di vertice: Charles Leclerc e Max Vestappen. Gli altri sono stati: la coppia dell’Alfa Romeo Raikkonen-Giovinazzi, il russo di Roma Kvyat e il futuro ferrarista Carlos Sainz.


I due hanno spiegato la loro scelta con parole quasi simili. «Nella vita contano i fatti, non le azioni spettacolari che possono essere fraintese. Condanno fermamente il razzismo e l’ho sempre dimostrato coi comportamenti. Non mi inginocchio, il razzismo va combattuto con le parole non solo col silenzio», ha commentato il driver monegasco della Ferrari. Più sintetico super Max, fedele al suo stile asciutto: «Rispetto tutti, ma non mi inginocchio». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino