Prelievo del Dna per arrestati e detenuti, legge entrata in vigore nel silenzio totale

Prelievo del Dna per arrestati e detenuti, legge entrata in vigore nel silenzio totale
Venerdì 10 giugno è entrata in vigore, nel silenzio più totale, la legge 85 del 2009 che prevede il prelievo obbligatorio, anche coattivo, del Dna di tutti i...

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Venerdì 10 giugno è entrata in vigore, nel silenzio più totale, la legge 85 del 2009 che prevede il prelievo obbligatorio, anche coattivo, del Dna di tutti i detenuti e degli arrestati per delitti non colposi, obbligo introdotto con l’obiettivo di realizzare una banca dati nazionale, principalmente nell’ottica antiterrorismo (ma non solo).


I molti anni trascorsi dall'approvazione della norma sono serviti per stendere i regolamenti, ma anche per acquisire il parere del Garante per la Privacy, del Comitato nazionale per la Biosicurezza e del Consiglio di Stato. Si trata di una novità importante, in quanto metterà a disposizione degli investigatori uno strumento potentissimo per la soluzione di casi criminali. Ma il tema è molto delicato, in quanto riguarda aspetti particolarmente "sensibili" come il i dati genetici di ciascuno. Fino ad ora i prelievi, e le successive analisi, potevano essere effettuate unicamente nel corso di indagini penali, su disposizione della magistratura. Ora la legge autorizza una mappatura generalizzata, con conseguente creazione di un archivio nazionale.
 
Ad occuparsi dei prelievi è stato designato il personale della polizia penitenziaria, ma se ne potranno occupare anche le forze dell'ordine.
Ad operare dovranno essere sempre in due, infilando una specie di "leccalecca" in bocca al detenuto o alla persona arrestata. I tamponi dovranno poi essere conservati con precise modalità per garantire la correttezza del dato raccolto. L’obbligo di prelievo del Dna riguarda tutti coloro i quali stanno scontando pene definitive, ma anche i semplici indagati ai quali è stata applicata una misura cautelare, oppure il cui arresto sia stato convalidato, anche se con successiva remissione in libertà. Ciò pone problemi operativi non da poco: ad esempio, un indagato per cui il giudice abbia disposto la scarcerazione in attesa del processo per direttissima (o subito dopo la condanna con sospensione della pena) dovrà essere condotto per il prelievo in carcere, dove sarà necessario realizzare una struttura sempre disponibile. Salvo ipotizzare di poter trattenere per chissà quanto una persona di fatto libera.

Sono esclusi dall’obbligo di prelievo del Dna le persone coinvolte in delitti colposi, oppure nei reati tipici dei "colletti" bianchi, primi fra tutti quelli quelli tributari o fiscali. La cancellazione dei profili genetici dalla banca dati nazionali è prevista in caso di assoluzione, e comunque trascorsi 30 anni, o 40 anni nel caso in cui il condannato sia recidivo.
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Il Gazzettino