Ponti, non muri per costruire la pace

Ponti, non muri per costruire la pace
«Si facciano ponti, non muri!» L'appello lanciato dal Papa nel corso della visita sull'isola di Lesbo, in...

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«Si facciano ponti, non muri!»


L'appello lanciato dal Papa nel corso della visita sull'isola di Lesbo, in Grecia, è di grande importanza simbolica in una fase di crescente difficoltà, nella quale l'Europa non sa più come affrontare l'ondata migratoria, sempre più massiccia e preoccupante.

Costruire muri - fisici e psicologici - è la reazione più immediata, ma l'emotività non è mai la scelta migliore. E mi riferisco a chi accoglie, non soltanto a chi viene accolto. Creare ghetti, criminalizzare le diversità, fomentare l'odio ha un solo risultato: scatenare violenza. Peggiorare la vita. Per tutti.

È chiaro che il fenomeno dell'immigrazione è di estrema complessità e non va sottovalutato. Deve essere affrontato su molteplici piani: quello internazionale, innanzitutto, con investimenti concreti nei Paesi più poveri. Ma ciò non è sufficiente. Fermare i flussi migratori è impossibile. Dunque è necessario gestirli, razionalmente. Con piani e progetti che, finora, sono mancati.
 
È necessario investire risorse, spiegando ai cittadini che è meglio spendere subito un euro per offrire ospitalità e creare possibilità di integrazione, piuttosto che, in futuro, doverne sprecare dieci per pagare i costi di disastri sociali facilmente immaginabili.

Bisogna uscire al più presto dalla politica di emergenza. Di sicuro i maxi centri di accoglienza non funzionano,o funzionano male: meglio sarebbero tante piccole concentrazioni di profughi in attesa del permesso di soggiorno; comunità nelle quali iniziare ad insegnare la lingua, la cultura, le tradizioni del Paese ospitante, offrire temporanee occupazioni per dare un senso alle giornate di persone che, nella stragrande dei casi non sono delinquenti: sono semplicemente alla ricerca di un'opportunità di esistenza migliore, in fuga da guerre o fame. Come i nostri nonni, emigrati in mezzo mondo.

Esempi di integrazione sono sempre più numerose: famiglie che accettano di ospitare profughi a casa loro; piccoli paesi abbandonati che rinascono grazie all'inserimento di migranti (come a Riace, in Calabria, ma non solo). Perché non farne tesoro, invece di continuare a demonizzare un fenomeno con cui dobbiamo rassegnarci a convivere? 


L'immigrazione, peraltro, può essere fonte di ricchezza: di lavoro per tutti i soggetti impegnati nell'accoglienza, innanzitutto. Purtroppo c'è chi ne ha approfittato, come raccontano le cronache di vari scandali: dimostrazione che i delinquenti veri moltospesso non sono gli immigrati. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino