Pasqua al cinema senza sorpresa Priscilla sbiadita, Abruzzo retorica e buonismo

Pasqua al cinema senza sorpresa Priscilla sbiadita, Abruzzo retorica e buonismo
Che cosa non funziona bene in “Priscilla”? Si potrebbe dire quasi tutto, ma sarebbe ingeneroso. Si potrebbe fare...

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Che cosa non funziona bene in “Priscilla”? Si potrebbe dire quasi tutto, ma sarebbe ingeneroso. Si potrebbe fare un elenco, ma messi in fila i vari difetti, difficilmente si riuscirebbe a capire perché il film lasci la sensazione di essere un’opera modesta, trattenuta, senza scatti e spesso anche noiosa. Non si dovrebbe fare un paragone con il recente “Elvis” di Baz Luhrmann, scoppiettante e ansiogeno biopic presleyano, perché Elvis e Priscilla, che condivisero la vita insieme, sono due personalità completamente opposte, come d’altronde Luhrmann e Sofia Coppola, più incline quest’ultima a sofisticate riletture di personaggi femminili, che a non a deflagranti avventure contrastanti e bulimiche, questo anche quando la figlia dell’immenso Francis sconfina nelle operazioni azzardate e molto pop come quella di Marie Antoinette. Presentato in Concorso a Venezia, dove peraltro è uscito con la magnanimità della giuria che ha consegnato una discutibile Coppa Volpi alla protagonista Cailee Spaeny, “Priscilla” si apre in Germania, all’interno di una base militare, dove la giovanissima ragazza è invitata a una festa alla quale è presente anche il cantante, già famoso. Così come la ragazza si emoziona davanti a quella celebrità, anche in virtù dei suoi 14 anni, Elvis rimane colpito dalla giovane ancora in età scolastica: dal primo corteggiamento, all’amore e al matrimonio (con figlia) il passo è spedito. In mezzo ci stanno momenti di grande affetto, ma anche turbolenze improvvise, dovute al carattere di Elvis e all’uso di farmaci e droga. Fin qui il riepilogo è puntuale, appena smorzato come detto da sottrazioni continue. Purtroppo Sofia Coppola opta per una mesta messa in scena, placidamente plumbea, dove il colore si ammortizza costantemente, restando amorfa spettatrice di un rapporto contradditorio: ogni asperità dura un attimo, nonostante il punto di vista di Priscilla sia sempre in evidenza, ma svolto in maniera arida (non brilla, va detto, nemmeno Jacob Elordi nei panni di Elvis: qui sì il paragone con Austin Butler è impietoso). In un film di gabbie continue per Priscilla (la famiglia, la base militare, infine Graceland), Coppola sceglie di narcotizzare lo squilibrato rapporto, dove l’amore, che pure a tratti sa esprimersi compiutamente, s’infrange spesso in una incapacità maschile di misurare i comportamenti estremi e spesso isterici. Così del biopic, tratto dall’autobiografia della stessa Priscilla scritta con Sandra Harmon) restano i cocci di un “coming of age”, che lasciano un senso di frammentarietà e di tratteggio, che fa disperdere quel tratto empatico che Coppola sa spesso comunque trasmettere con i suoi personaggi. Voto: 5.

In un paesino dell’Abruzzo, ormai quasi abbandonato, arriva un maestro, amante della natura, che ha fatto richiesta di allontanarsi per un breve periodo dal caos di Roma. Flebile, bucolica fiaba sull’irresponsabile società di oggi, sul desiderio di tornare alla natura e a rapporti più sinceri, scandita con personaggi e situazioni da malinconico sorriso e indignazione rarefatta, che Riccardo Milani, non nuovo ad ambientazioni scolastiche, governa con troppo garbo antico e un po’ di cinismo a fin di bene. Non privo di cedimenti evitabili (il tentato suicidio, la battuta sui marocchini che puzzano), di un finale da carie dentali e di una retorica sociale vetusta, “Un mondo a parte” si fa apprezzare  per le prove attoriali di Albanese (anche se si sta ingabbiando in ruoli di questo tipo) e Virginia Raffale, e dei tanti non professionisti, bambini compresi, riassunti dopo i titoli di coda. Voto: 5.

 

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Il Gazzettino