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PADOVA - Per ascoltare il vero Greg Osby bisogna aspettare la parte finale del concerto. Perché è in quel momento che il sassofonista statunitense torna a tessere il suo fraseggio, un respiro accattivante che non a caso lo ha reso celebre a livello internazionale negli ultimi 30 anni.
Greg Osby al Padova jazz festival
Osby, infatti, partecipava al progetto del trio guidato dal batterista svizzero Florian Arbenz (completato dal tastierista olandese Arno Krijer) che è stato ospitato al Padova jazz festival in corso di svolgimento nella città del Santo e che si concluderà con l’evento più importante rappresentato dal trio di Bill Frisell (con Thomas Moprgan e Rudy Royston) in programma sabato 18 novembre al teatro Verdi. Arbens negli anni della pandemia ha composto diverso materiale ed è sicuramente un batterista di livello. Ma il concerto al Dipartimento di fisica dell’Università, pur gradevole, e in certi tratti con sonorità fusion, è parso anche molto lineare. Solo sul finire Osby, che fino a quel momento era rimasto un po’ nell’ombra, ha sfoderato il suo corposo virtuosismo, un linguaggio che era maturato a partire dagli anni Novanta quando, seguendo le orme di Steve Coleman, aveva creato il collettivo M-Base che comprendeva anche altri astri nascenti della musica nero-americana coma Cassandra Wilson e l’indimenticabile Gery Allen.
I grandi del Jazz, la mostra da non perdere
Tra le numerose proposte del Padova jazz festival, che è giunto alla venticinquesima edizione, va ricordata soprattutto la mostra del fotografo Roberto Polillo alle scuderie di Palazzo Moroni (fino al 26 novembre). Si tratta degli scatti realizzati tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta dal fotografo al seguito del padre, lo storico Arrigo Polillo, nei concerti in Italia e in Europa. I primi piani dei grandi del jazz offrono anche altre e preziose chiavi di lettura per avvicinarsi a questi protagonisti del passato.
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Il Gazzettino