Non c'è rete per Gerd

 Non c'è rete per Gerd
 Dicono che Gerd Muller domani o forse dopodomani non ricorderà più...

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 Dicono che Gerd Muller domani o forse dopodomani non ricorderà più niente. Che vedrà alla tv una partita di calcio e non saprà cosa stanno facendo su quel campo. Che vedrà la folla esultare per una rete e non capirà che cosa è un gol. Lui che è stato uno dei più grandi centravanti di tutti i tempi, che ha vinto un mondiale e un europeo con la Germania, quattro scudetti e tre Coppe dei Campioni col Bayern Monaco, un pallone d’oro. Lui che ha realizzato 730 gol, che segnava da ogni posizione e sempre; s’insediava in area e non perdonava un errore avversario, rapinava, sfruttava, colpiva. Non era bellissimo da vedere, ma rabbioso, puntuale come la morte. Nella nazionale della Germania Ovest fece 68 gol in 62 partite, ma quando il Barcellona voleva acquistarlo la federazione tedesca disse che Muller non si toccava, che era una specie di patrimonio nazionale, che senza di lui non si poteva vincere il mondiale. E Muller rispose: “Vi regalerò il Mondiale e poi non metterò più piede in nazionale”. Nel 1974 segnò la rete del definitivo 2-1 contro l’Olanda di Crujiff, con un tocco di rapina; come aveva segnato una doppietta due anni prima nella finale dell’Europeo contro l’Urss. Fu di parola, a 29 anni chiuse con la Nazionale. Fu centravanti puro in un’epoca in cui il calcio non voleva attaccanti d’area, ma inseguiva calciatori totali. Muller era un Boninsegna più affamato, un Altafini meno raffinato ma più concreto. Si muoveva come nessuno più alla sua maniera. E lo dimostrò due volte nella partita del secolo, quell’Italia-Germania 4-3 in Messico nel 1970. Per due volte Muller illuse la Germania, portandola in vantaggio, l’ultima a pochi istanti dalla fine, prima che Rivera colpisse e chiudesse. Muller aveva fatto i suoi gol, sfruttando errori dei difensori, facendosi semplicemente trovare al momento giusto nel posto giusto. Quando smise fu colto dalla depressione, cedette all’alcol, fu recuperato dal Bayern Monaco che gli affidò le squadre giovanili. Fino a una notte a Trento nel 2011, quando si smarrì per le vie della città vecchia, attorno alle mura del castello e nei vicoli antichi. Lo ritrovarono il giorno dopo in stato confusionale, non ricordava chi fosse, aveva lo sguardo smarrito di tanti portieri che aveva beffato nel momento più drammatico. Oggi si è capito, era soltanto l’inizio: Gerd Muller il grande centrattacco ha l’Alzheimer. Deve compiere 70 anni il 3 novembre. Togliere i ricordi a un uomo è come togliergli la vita. Noi siamo fatti di ricordi e nei ricordi di tanti della mia generazione c’è Gerd Muller, tarchiato, baffetti, basette come si usava negli Anni ’70, indolente all’apparenza, rapidissimo nei gesti, capace di piroette, tocchi, furti d’area, instancabile goleador. Viveva per il gol, sembrava non gli importasse del resto, degli altri. Forse non avrà ricordi, ma ne ha lasciato molti in moltissimi. Muller è la televisione in bianco e nero del nostro calcio, è Italia-Germania in Messico, è la rivincita del non eroe, del calciatore imperfetto. E’ la memoria del nostro pallone. Continuerà a lasciare orme su ogni campo di calcio che abbia voglia di far sognare, su ogni strada in cui un ragazzino prenderà a calci una palla di qualsiasi genere. Muller è il gioco, la gioia, è già il domani.
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Il Gazzettino