Con i Musici ritorna la poetica di Francesco Guccini

I Musici in concerto a Mestre
Si torna a parlare di Francesco Guccini. Un po’ perchè il Maestrone modenese ha da poco pubblicato un nuovo album intitolato “Canzoni da intorto” con...

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Si torna a parlare di Francesco Guccini. Un po’ perchè il Maestrone modenese ha da poco pubblicato un nuovo album intitolato “Canzoni da intorto” con vecchi brani che cantava con gli amici, ma soprattutto perchè è ripresa l’attività concertistica dei Musici, gli artisti che lo hanno accompagnato per una vita sul palco e in studio.


L’occasione, in vista della ripartenza definitiva fissata per il prossimo anno, si è materializzata al teatro Corso di Mestre dove Juan Carlos “Flaco” Biondini (chitarre e voce), Vince Tempera (tastiere), Antonio Marangolo (sax), Ellade Bandini (batteria), Tiziano Barbieri (basso elettrico al posto di Ares Tavolazzi) sono rientrati nello straordinario mondo gucciniano tra melodie perfette e testi profondi. “Flaco” Biondini, che è un po’ il regista dell’operazione, ha insistito sul valore poetico di testi intramontabili entrati di diritto nei libri di testo. Passano in rassegna i pezzi forti di questa affascinante pagina di musica italiana come “Autogrill”, “Incontro”, “La bambina portoghese”, “Cyrano” “L’avvelenata” e l’immancabile “Locomotiva” ed effettivamente è come se il tempo si fosse fermato. Certo, i Musici hanno la loro età e Guccini, come cantante, non sembra facilmente replicabile da Biondini, ma a parte l’aspetto emotivo, che ha coinvolto il folto pubblico, va detto che ci sono stati parecchi sprazzi di riflessione in una serata dove gli stessi musicisti hanno anche dialogato con gli spettatori. 
Come molti grandi autori del passato (brasiliani, statunitensi e inglesi), le parole e le melodie di Guccini in questo 2022 rimangono potenti ed evocative in un mondo, il suo, che con arguzia e raffinatezza raccontava di sentimenti, di svolte sociali, di scontri politici con una sana forma di irriverenza che oggi è praticamente introvabile.

Illuminazioni che narrano di “fede cieca in poveri miti” e che spiegano che “siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno” non sono destinate a lasciarci indifferenti. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino