Miss Peregrine, ciò che resta di Tim Burton Aquarius, Sonia Braga nuota a meraviglia

Miss Peregrine, ciò che resta di Tim Burton Aquarius, Sonia Braga nuota a meraviglia
L’adolescente Jacob, alla morte alquanto violenta e misteriosa del nonno, si reca dalla Florida al Galles, dove...

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L’adolescente Jacob, alla morte alquanto violenta e misteriosa del nonno, si reca dalla Florida al Galles, dove l’anziano aveva vissuto la propria infanzia, dopo aver evitato le persecuzioni naziste. Qui trova Miss Peregrine, donna enigmatica e un gruppo di ragazzi speciali da lei protetti, che Jacob intuisce non essere così diversi da lui.
Ciò che resta del cinema di Tim Burton, in rapida dispersione da “La sposa cadavere” in poi, è una sorta di fiacca rappresentazione di intrecci narrativi, che corrono blandamente facendo il verso a troppi modelli, da Harry Potter ai vari ritorni al futuro e perfino ad armate delle tenebre, in una gabbia fantasy che gioca sulle apparenze più consolidate, dove il regno dark del regista di “Edward mani di forbice” (qui citato nell’incipit) perde carica emotiva, senza l’affetto per la diversità e la confusione ai confini tra bene e male.
Se il film regge sull’impatto di Eva Green (Miss Peregrine) e su alcune improvvise, ma assai passeggere, illuminazioni (gli occhi dei bambini come nutrimento), Burton non trova oggi nemmeno più quella malinconica rappresentazione dell’horror, che faceva di lui un regista speciale.

Stelle: 2


Clara (una Sonia Braga straordinaria, che avrebbe meritato il premio a Cannes) è una signora che in giovane età ha subìto un intervento al seno per un tumore. Ora anziana, con i figli cresciuti, è tormentata da una compagnia immobiliare che vuole ristrutturare la sua casa, per farne un edificio moderno. Ma Clara non è disposta a vendere.
Aquarius” è un film antropologico che spiega i mutamenti sociali di un Brasile in rapida espansione urbana ed economica, condannando le persone a vivere di malinconici ricordi. Un film politico contro l’arroganza di pochi a danno delle persone più indifese. Un po’ lungo e non sempre con una regia di Kleber Mendonça Filho a fuoco, ma anche piuttosto libero, tra uno stile a tratti quasi documentaristico e incroci narrativi, che comprendono anche qualche frammento hard. 


Stelle: 3
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Il Gazzettino