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Una gara gagliarda e appassionante che, come l’intero Campionato, cambia volto nel momento in cui sembra finita. Era già tutto scritto. Il GP si era incanalato verso la soluzione più scontata. Ovvia. Lewis Hamilton, il Re incontrastato della Formula 1, stava concretizzando una superiorità di fine stagione disarmante. All’interno della sua astronave, che non l’ha mai tradito nelle precedenti 21 tappe, il baronetto britannico già pregustava un festeggiamento da signore. Nelle ultime corse, Brasile, Qatar e Arabia, aveva già messo in cassaforte tre vittorie. La quarta attendeva solo di finire nel cesto. Matura, matura, mai in discussione. Invece, quando mancavano meno di dieci giri al trionfo, la sorte ci ha messo lo zampino. L’inutile Latifi, con la Williams motorizzata Mercedes, si toccava con la Haas di Schumacher e finiva contro il rail. L’inglese aveva oltre dieci secondi di vantaggio, ma l’imprevisto, nel momento in cui la concentrazione era massima, crea qualche apprensione.
Potevano andare bene le bandiere gialle o, anche, una “virtual safety car”. Nella peggiore delle ipotesi anche una bandiera rossa che, prima della ripartenza, mette tutti nelle stesse condizioni di gomme.
Max si ferma ai box e rientra in pista con le gomme morbide nuove. Lewis ha le dure alla frutta, con quasi 40 giri sul battistrada. La vettura di sicurezza, con il suo procedere lento, consente alle monoposto di raggrupparsi, i due duellanti sono uno dietro l’altro, ma con armi incomparabili. Manca poco più di un giro e l’unica speranza per l’Imperatore è che la corsa si concluda così, come è accaduto a Spa. Invece, sempre Masi, decide per l’ultimo giro a tutto gas. Se non fosse stato Hamilton non valeva la pena neanche di guardare. Ma Lewis, può tutto, specialmente quando l’impresa appare impossibile. Certo, dietro c’è un killer come Verstappen. L’olandese passa; poi, con una serie di “onde” un po’ esagerate, evita il controsorpasso che Hamilton, con le gomme sulle tele, ha l’ardore di provare. Il muretto Mercedes è infuriato e presenta una sfilza di reclami.
Il sette volte campione del mondo sorprende ancora: fa i complimenti al rivale e lo va ad abbracciare suggerendo anche a suo papà di fare altrettanto. La gara vera era stata senza storia. Il tulipano, che se ne intende, ci aveva messo una pietra sopra. Solo un imprevisto poteva riaprire il dossier. Troppo in palla l’Imperatore, troppo rapida la Freccia con il super motore quasi nuovo. Max, invece, aveva la scelta di gomme meno adatta e un assetto troppo scarico per assaltare la pole con una mossa un po’ disperata. Ma sul passo di gara non ha funzionato, tanto che il compagno Perez dava l’impressione di essere in forma quasi come Max.
Sul podio è finita la Ferrari di un eccellente Carlos Sainz proprio per il ritiro del messicano. Il figlio d’arte fa un doppio sorpasso in classifica e chiude al quinto posto, il primo pilota con una monoposto “normale” riesce, nella sua prima stagione a Maranello, a precedere il più quotato compagno di squadra. Il Mondiale Costruttori, come era scontato, finisce per l’ottava volta di fila a Stoccarda, un primato assoluto.
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