Magnifica Maria Paiato in "Boston Marriage": feroce duello tra donne in cerca di verità

Un momento di Boston Marriage
Crudele, divertente, ironicamente sofisticata e plateale, sempre pronta a dominare parole e pensieri col piglio deciso di chi sa come manipolare gli altri. Anche quando finge di...

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Crudele, divertente, ironicamente sofisticata e plateale, sempre pronta a dominare parole e pensieri col piglio deciso di chi sa come manipolare gli altri. Anche quando finge di scordarsi qualcosa. O di soffrire per amore. Maria Paiato domina la scena in “Boston Marriage”, lo scoppiettante testo di David Mamet tradotto da Masolino D’Amico e portato sul palco dal regista Giorgio Sangati. La grande attrice rodigina guida un terzetto di donne strepitose che si combattono a suon di parole in un mondo apparentemente lontano, gli Usa di fine Ottocento in bilico tra valori antiquati e modernità, che invece ci racconta invece da vicino, scrutando con occhio disilluso la condizione della donna perennemente ostaggio del mondo maschile, le difficoltà del sentirsi liberi di vivere secondo i propri desideri, e poi le differenze di classe, le piccole furberie per sopravvivere, le convenzioni sociali che ingabbiano anche chi non vuole subirle, le illusioni e le passioni perdute. Ma soprattutto la difficoltà di svelarci davvero davanti all’altro, se non attraverso la maschera della finzione.

LO SGUARDO

E’ un teatro di parola e “d’attrici” quello di “Boston Marriage”, applauditissimo al Comunale di Treviso nell’unica data veneta nel cartellone dello Stabile, e il successo della pièce sta proprio nelle sue irresistibili protagoniste che duellano con Maria Paiato sullo sfondo di una casa borghese volutamente lussuosa e fasulla, come un set (e la scritta luminosa “on air” lo ribadisce) dentro la quale due dame colte, eleganti e indipendenti, Paiato e Mariangela Granelli, si scontrano rivelando gradualmente una loro passata intimità, e accusandosi l’un l’altra di aver “ceduto” alle convenzioni del mondo pur di sopravvivere. La prima facendosi mantenere da un ricco signore che le ha donato una preziosa collana sottratta alla moglie, la seconda lasciandosi travolgere dalla passione per una ragazzina, a sua volta figlia del ricco fedifrago della moglie derubata. Nel mezzo, l’apparentemente goffa cameriera (Ludovica D’Auria) che scatena effetti comici entrando di prepotenza nella storia, e che costringe le duellanti a smascherarsi, a rivelarsi sempre un po’ di più, regalando anche uno sguardo feroce sui conflitti di classe sempre latenti anche tra chi si professa progressista.

L’AUTORE

Mamet si diverte un mondo a giocare con il linguaggio, parodiando la prosa ampollosa del tempo, costruendo un meccanismo a orologeria ricco di allusioni e non detti, ma nello stesso tempo lo scandalo del “Boston Marriage”, che in America indica un rapporto stretto tra due donne, “coabitanti in una casa senza uomini”, supera la riflessione sull’omosessualità per raccontare le nostre più inconfessabili fantasie, come se la finzione fosse l’unica via percorribile per dire la verità davanti all’altro ma anche a se stessi. Nel piccolo mondo creato dalla “sciantosa” Anna, elegantissima nei suoi abiti luminosi e ricamati, il palcoscenico della vita consente di volta in volta di dissimulare o di aprirsi, ad arte, alla sua sfuggente Claire. Al centro, resta la coscienza onesta e, forse, l’ingenuità furbetta della domestica, complice e vittima designata. Da vedere.

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Il Gazzettino