La top ten 2019 dei film usciti in sala Oro e argento vanno alla Corea

La top ten 2019 dei film usciti in sala Oro e argento vanno alla Corea
Un’annata da ricordare. Di quelle buone. Dal festival di Cannes (il suo migliore Concorso del decennio, assieme al 2013), a una buona Mostra di Venezia, tanti film di grande...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Un’annata da ricordare. Di quelle buone. Dal festival di Cannes (il suo migliore Concorso del decennio, assieme al 2013), a una buona Mostra di Venezia, tanti film di grande interesse, qualche speciosa polemica, i solidi drammi distribuitivi italiani, ma insomma un 2019 che andrà ricordato con piacere. Stravince la Corea, con due film su tutti. Vediamo la decina che ha lasciato il segno quest’anno. Valgono, come sempre, soltanto i film usciti nelle sale italiane nell’anno solare in corso.

1 BURNING – L’AMORE BRUCIA di Lee Chang-dong

Anche se è del 2018, da noi è uscito solo nel 2019. Ed è il film dell’anno. Il cinema coreano riporta sugli schermi un regista di grande sensibilità e carisma, ben 10 anni dopo “Poetry”. Lee Chang-dong descrive, ai confini delle due Coree, un triangolo noir, dove ogni indizio viene lasciato in sospeso, come se la storia volesse mantenere un suo mistero. Un film su contrapposizioni anche in chiave economica, che racconta una gioventù disgregata, con una finale di dolorosa bellezza. Bellissimo, affascinante, come quella danza in controluce all’imbrunire.
2 PARASITE di Bong Joon-ho

Ancora Corea, autentica dominatrice. Con un regista più celebre, consacrato proprio quest’anno a Cannes, dove ha vinto la Palma d’oro. Una lotta di classe (anche qui) in verticale, a differenza di “Snowpiercer” sempre dello stesso regista, che era in orizzontale su un treno, tra una famiglia povera che cerca di inserire, con l’inganno, i propri componenti in una famiglia agiata, che vive in una magnifica villa. Ma qualcosa va storto e iniziano i guai. Nel sotto/sopra che si genera, si passa dalla commedia (si ride assai) fino all’horror, con un finale malinconico e sognato. Un gioco al massacro, un film feroce.
3 TESNOTA di Kantemir Balagov

Già adottato dal festival di Cannes (che ha presentato anche il suo secondo film “La ragazza d’autunno”, da noi dal 9 gennaio in sala), l’opera prima di un talentuoso regista russo, allievo del grande Sokurov. Nel Caucaso di fine millennio, tra mille conflittualità (soprattutto tra ebrei e musulmani), in una famiglia un figlio viene rapito, mentre la sorella non vuole accettare un matrimonio combinato. Un rigore formale e narrativo (schermo a 4:3, campi stretti, primi piani) per un esordio stupefacente. Bravissimi gli attori.
4 THE IRISHMAN di Martin Scorsese – Magistrale elegia funebre di un mondo crudele, dove la morte qui è vista più come pensiero che come rappresentazione e aleggia dall’inizio alla fine, con i protagonisti raccontanti attraverso il ricordo dell’unico sopravvissuto alle varie sparatorie, ora costretto in una casa di riposo. Un cast sbalorditivo (Robert De Niro – Al Pacino – Joe Pesci – Harvey Keitel), dove l’amicizia sfocia nel tradimento e una porta socchiusa mostra l’ultima istantanea di chi un tempo dominava le strade e ora capisce che tutto non è valso a nulla, nemmeno alla memoria, perché ormai delle loro gesta le nuove generazioni non conoscono niente. Nemmeno i nomi, come Jimmy Hoffa. Quasi un testamento del cinema di Scorsese.
5 DOLOR Y GLORIA di Pedro Almodóvar – Un viale del tramonto, dove un regista in declino (l’ottimo Antonio Banderas, fin qui superpremiato) ripercorre tutta la sua vita, i suoi amori, i suoi tormenti. Il tempo sospeso, la memoria come urlo di sé, un passato che non tornerà più, con qualche rimpianto. Un film appassionato e commovente, come ormai il “vecchio” Pedro può raccontare, tra folgoranti flashback e cupi presenti.
6 ZAMA di Lucrecia Martel - Una storia di colonialismo in Sudamerica verso il XIX secolo si trasforma in una lettura in uno scenario riflessivo sulla natura umana, spalancato sulla bellezza della natura e sulla malvagità degli uomini. Martel firma un lavoro affascinante, misterioso, dal ritmo quasi imbalsamato, come lo sono le figure che vi partecipano. Quasi metafisico, nel suo distacco perenne dalla contingenza dei fatti. Anche questo uscito in sala con enorme ritardo rispetto alla proiezione (fuori concorso) a Venezia nel 2017.
7 IL TRADITORE di Marco Bellocchio – Patria, mafia e famiglia. La storia del pentito Tommaso Buscetta (un fantastico Pierfrancesco Favino) diventa un film sulla paura, sulla ricostruzione di un’Italia, senza sussulti fantasmatici come accadde in “Buongiorno, notte”, ma con un’ampiezza storica e personale impressionante. Bellocchio si conferma uno dei pochi registi italiani capaci di assorbire e reinterpretare l’ultimo mezzo secolo d’Italia, con una lucidità impareggiabile, trasformando tutta la lunga sequenza del processo, in una sorta di lezione della messa in scena, così scopertamente teatrale.
8 LA VITA INVISIBILE DI EURIDICE GUSMÃO di Karim Aïnouz – Dal Brasile un melodramma che tocca il cuore, sulla storia di due sorelle, una ribelle, l’altra disposta a sacrificare le proprie passioni sull’altare della dominanza maschile, separate in gioventù e mai ricongiuntesi, ostacolate anche dal Fato. Un film disperato, di solitudini inconsolabili (la bella scena iniziale lo spiega subito), dove la vita sa far davvero male.
9 JOHN MC ENROE  - L’IMPERO DELLA PERFEZIONE di Julien Faraut - Partendo dai documentari didattici di Gil de Kermadec, Julien Faraut riesce a costruire una stupefacente analisi sul "gesto" del tennis e al tempo stesso una riflessione sul cinema, partendo da una citazione godardiana ("Il cinema mente, lo sport no"). La celebre finale del Roland Garros tra John McEnroe e Ivan Lendl, tra emozioni, illusioni, domini e catastrofi diventa il percorso di una rilevante indagine anche sul tempo, smontando e rimontando una leggendaria figura di sportivo e una controversa figura psicologica.
10 IL COLPEVOLE – THE GUILTY di Gustav Möller – Ansioso e claustrofobico kammerspiel, tutto sul volto di un agente di polizia mentre l’azione è fuori campo, è un trattato sulla menzogna (per cause diverse, del poliziotto e dei protagonisti esterni), intenso e palpitante, dove la verità si manifesta a tappe in modo spiazzante. Discendente diretto di “Locke”, è una raffinata rappresentazione sull’apparenza, giocata sui concetti di tempo e spazio, grazie anche all’ottima prova attoriale di Jakob Cedergren.


Menzioni: Ritratto della giovane in fiamme, L'ufficiale e la spia, C'era una volta... a Hollywood, La paranza dei bambini, Ad Astra, Vox Lux, Il gioco delle coppie, Oro Verde, Joker
 
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino