L'Eden profanato: Avatar 2, è ancora incanto L'acqua, nuovo regno per nuova umanità

L'Eden profanato: Avatar 2, è ancora incanto L'acqua, nuovo regno per nuova umanità
Si esce felicemente storditi da “Avatar – La via dell’acqua”, sequel atteso da oltre un decennio della...

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Si esce felicemente storditi da “Avatar – La via dell’acqua”, sequel atteso da oltre un decennio della nuova, stupefacente cosmogonia cinematografica di James Cameron datata 2009. Perché si tratta di un film meraviglioso, capace di moltiplicare la propria meraviglia in una caleidoscopica, inesauribile necessità di alimentare una percezione sensoriale (non solo la vista, anche l’udito vuole la sua parte), in cui l’abbondanza di sollecitazioni è uno stimolo continuo allo stupore, pur in uno spettacolo che dura un po’ più di 3 ore, quindi impegnativo. Non fatevi ingannare dal fatto che il primo film aveva già descritto chiaramente, nella sua formale novità, tale percorso e quindi venga un po’ meno l’epifania generale: sul piano tecnologico, nel quale qui non ci addentreremo, non c’è ovviamente paragone, perché un decennio è un’enormità di tempo e i risultati si vedono; né tantomeno aggrappiamoci al fatto che la narrazione resti elementare, con qualche passaggio zoppicante, e nell’insieme scontata, non solo nell’eterna lotta del bene contro il male, ma anche nei temi più intriganti (pacifismo, ecologia, razzismo, profughi, il bisogno della famiglia, il rapporto padri/figli): Cameron non costruisce principalmente storie, ma mondi, anche quando sembrerebbe il contrario, e non da oggi; e questo sequel è la dimostrazione di come i fatti, gli accadimenti siano l’impalcatura obbligatoria su cui reggere la propria idea di cinema, di universo. Lasciatevi quindi incantare (rigorosamente in 3D, fondamentale), ché poi sappiamo come la narrazione non sia sempre, per fortuna, il perno su cui ruota il cinema. 

Pandora, pianeta alternativo che vive di un umanesimo ancora possibile, non resta nemmeno stavolta illeso, perché la profanazione di qualsiasi Eden è inevitabile, visti i colonnelli Quaritch che albergano in noi. L’esplorazione di Cameron se ne serve per mostrarci l’ipotesi di un incanto, l’istinto tribale, la natura generosa, passando dalla foresta al mare, dove l’acqua è l’elemento naturale della vita e si prende tutta la scena. Lo fa ripercorrendo letteratura e cinema che ama di più, anche il proprio (il finale in omaggio a “Titanic”, ma ci sono anche “Aliens”, “Abyss” e volendo pure “Terminator”), con i tulkun, cetacei che scrivono canzoni, i Na’vi che difendono il territorio e la vita, i Metkayna che sono il loro controcanto, il volo delle creature alata da trasporto. Questo sequel è in sintesi un’opera sentimentale sul “vedere”, sul desiderio del cinema di ribadire la propria essenza/esistenza (film unicamente da sala), che discende da Méliès e Ford per cominciare. Da questo punto di vista è qualcosa di pazzesco, che si mangia tutti i blockbuster di ieri, oggi e forse anche di domani. Imperdibile. Voto: 9.

IL RITORNO DI PAPPI - Toni lavora in una Spa, sta per ricevere una promozione, ma inciampa in un “incidente” sul lavoro e viene licenziato. Paola, la sua fidanzata, è più arrivista: sogna di aprire un negozio di scarpe. Chiara è responsabile del licenziamento di Toni, è una ragazza della borghesia intellettuale, vive tra le gallerie d’arte e scopre che Toni forse ha talento da pittore e inizia con lui una relazione, lusingandolo anche con una possibile “personale”. Pappi Corsicato torna alla regia con "Perfetta illusione", dove il suo stile sgargiante resta ingrippato, nonostante un’esibita eleganza formale. Ma il triangolo non rompe mai sul serio i cateti e la storia di continui inganni scorre nel suo film forse più convenzionale. Voto: 6.

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Il Gazzettino