Killers of the flower moon: Scorsese racconta ancora illato oscuro e ambiguo dell'America

Killers of the flower moon: Scorsese racconta ancora illato oscuro e ambiguo dell'America
Dura circa 3 ore e mezzo, ma non c’è un momento in cui la durata pesi, in una storia complessa che racconta...

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Dura circa 3 ore e mezzo, ma non c’è un momento in cui la durata pesi, in una storia complessa che racconta l’impressionante catena di omicidi accaduta negli anni ’20 in Oklahoma, nella terra dei nativi Osage, improvvisamente diventati agiati grazie alla scoperta del petrolio, che ovviamente ha fatto subito gola a tutti. E non è un caso che il film si apra con una danza gioiosa al ritmo incalzante di un altro nativo americano, la rockstar Robbie Robertson (recentemente scomparso), mentre tutti vengono bagnati dall’oro nero.

Traendolo dal romanzo di David Grann, Scorsese contamina la matrice del western politico, nel quale si denuncia come i bianchi tentarono di eliminare gli indiani, espropriandoli delle loro terre e confinandoli in piccole comunità, con quello del mondo-gangster: basterebbe vedere come si snodano le varie esecuzioni per coglierne le assonanze. Scritto assieme a Eric Roth, fotografato da Rodrigo Prieto che usa il colore per segnare i momenti più espressivi (come il bellissimo finale zenitale, con i nativi a comporre un cerchio) e i chiaroscuri per segnalare le ambiguità dei personaggi principali, montato dalla fedele Thelma Schoonmaker, il film si concentra sul reduce Ernest Burkhart (DiCaprio), giunto nella zona degli Osage per incontrare lo zio William Hale (De Niro), che si sente il boss della zona e ama farsi chiamare King, mostrando anche generosità verso la popolazione locale.

Ernest in poco tempo sposa Mollie (l magnifica Lily Gladstone), la cui famiglia ha proprietà petrolifere. Tutto sembra procedere placidamente, ma tra i morti che cominciano a crescere c’è anche la madre e le sorelle di Mollie, nel frattempo diabetica e sottoposta a continue iniezioni di insulina da parte del marito. Il disegno criminale verrà risolto con l’arrivo di Tom White (Jesse Plemons), un ufficiale legale dell’Fbi.

Da grande narratore, Scorsese lascia scorrere i fatti, svelando pian piano le mosse di un luciferino De Niro e un finto angelico, e totalmente idiota, DiCaprio, capaci di duetti entusiasmanti, già divorati dall’insorgere di un capitalismo sfrenato, che non si arresta davanti a ogni sopraffazione e delitto, codice di una Nazione che ha già perso da tempo ogni innocenza. Ne esce un racconto, a tratti perfino grottesco se non comico, nel quale ancora una volta Scorsese rivendica l’opportunità di scoperchiare le contraddizioni della Storia americana, il senso dell’ambiguità di un Paese che si riverbera anche sull’oggi, anche se qui manca forse la potenza delle sue grandi opere di un tempo.

Ma “Killers of the flower moon”, prodotto tra gli altri da Apple TV, resta un grande film, dove il vero colpo di genio arriva nel finale, quando anziché trovare le consuete didascalie che riassumono la conclusione giudiziaria della faccenda, Scorsese s’inventa un modo bizzarro e sorprendente per farlo, perché la Storia si fa spettacolo e la radio inizia a imporsi. Voto: 8

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Il Gazzettino