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L’unione fa la forza. Anche per un solitario e vagabondo come Jack Reacher, l’eroe ramingo di Lee Child sempre al servizio di una giusta causa. Difficile non appassionarsi alle avventure, letterarie e cinematografiche, dell’ex militare dell’Unità speciale di investigazione del 110. MP con uno speciale talento per dettagli e maniere forti, tanto più adesso che Prime ha sfornato la seconda stagione della serie dominata da Alan Ritchson, fisicità imponente, mascella squadrata e spalle XXL, il classico tipo con cui è meglio scherzare. Dopo i due film con Tom Cruise, contestato dai fan dei romanzi per la scarsa somiglianza fisica col personaggio letterario, Prime Video ha scommesso sulla faccia e i bicipiti dell’ex modello Ritchson, classe 1982, una carriera piena di partecipazioni a serie tv e film, da “Smallville” a “Csi” passando per “Hunger Games” e il recente “Fast X”, qui alla sua “consacrazione” nei panni del «big guy» che non si fa intimorire da nessuno, col suo mix di forza bruta, carisma e intelligenza. L’attore, che non brilla certo espressività, in questa seconda stagione però funziona meglio che in passato grazie non solo alla scrittura degli 8 episodi, veloci e adrenalinici, ma soprattutto all’entrata in scena della sua ex squadra di agenti militari che lo strappa al vagabondare trascinandolo al centro di una nuova avventura. Rischiosa, ovviamente.
LA STORIA
Basandosi sul romanzo “Vendetta a freddo”, l’11.
LO SCAVO
Questa seconda stagione scava di più nell’anima del suo errabondo protagonista che vive on the road lungo gli States muovendosi “leggero” solo con uno spazzolino in tasca: la serie mette in discussione la sua scelta vagabonda, la sua ostinata solitudine, la naturale ritrosia verso gli “agi” della civiltà, le difficoltà di vivere gli affetti e sentirsi parte di una famiglia. Certo, Reacher resta sempre Reacher, un vagabondo di quasi cento chili libero come l’aria, senza radici, mutuo, cellulare e attaccamenti, ma non per questo è meno umano e tormentato: pur non cambiando approccio sul mondo, Jack si ritrova a riflettere su di sè e sul valore di questa bella “famiglia elettiva”. Anche con molta ironia e divertimento.
Perfetto erede dell’eroe western che per caso arriva a cavallo in uno sperduto villaggio dominato dai “bravi” del luogo - poi combattuti e sconfitti - e che poi se ne va da dove è venuto, Reacher incarna alla perfezione il nostro sogno di invincibilità in una società che vorremmo ripulire da prepotenze, iniquità, soprusi. Seguendo una sola regola, la giustizia: una visione lucida, quasi manichea nel suo essere priva di zone d’ombra, dove il male va sempre combattuto. Jack non può sottrarsi alla caccia, è la sua natura a richiederlo: chi ha ucciso gli amici della sua squadra la pagherà, e noi spettatori (e lettori) siamo con lui. Ristabilendo l’ordine delle cose là dove è stato violato, Reacher alla fine ci conferma che possiamo ancora credere in una forma giustizia. E non è poco. In arrivo la terza stagione. Speriamo ancora “in team”.
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