In guerra per la pace: il paradosso bellico si esalta nel cinema muscolare di Gibson

In guerra per la pace: il paradosso bellico si esalta nel cinema muscolare di Gibson
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L’universo cinematografico di Mel Gibson, frequentato con fiera rozzezza e incontrollata retorica da (anti)eroi, spesso declinati con controversa esuberanza, in un percorso che va da “Braveheart” ad “Apocalypto”, passando ovviamente per “La passione di Cristo”, il suo film-manifesto, non poteva che trovare la propria esaltazione in un racconto paradossale, dove l’ambiguità (odio la guerra, ma la faccio perché giusta) diventa la chiave più onesta probabilmente per capire un regista e la sua visione dell’America, oggi ancora più rafforzata.
La battaglia di Hacksaw Ridge”, che segna il ritorno di Mel Gibson alla regia dopo 10 anni, è la storia vera di Desmond Doss, che si arruolò convintissimo nella II Guerra Mondiale, pur consapevole che uccidere fosse un gesto sbagliato, e senza mai sparare un colpo (rifiuto che gli costò inizialmente sul campo le ire e i soprusi di superiori e compagni) riuscì nella ferocia di Okinawa a salvare 75 soldati, meritandosi da primo “obiettore di coscienza” la Medaglia d’onore del Congresso.
Passato fuori concorso all’ultima Mostra veneziana, dove ha raccolto perfino alcuni sorprendenti entusiasmi, il film di Gibson analizza questo articolato percorso cristologico, sia nella cieca adesione alla fede sia nel comportamento “pacifista”, attraverso tutte le tappe costruttive di un’identità complessa e contrastata, dalle schermaglie fanciullesche con il fratello, che rischierà di uccidere ai rapporti conflittuali con il padre alcolizzato; dal primo innamoramento al campo di battaglia. Se nella parte più morale Gibson tentenna e si dimostra fragile nel maneggiare una materia così profonda, al di là del fatto che ormai è insopportabile vedere l’addestramento militare per la milionesima volta “rubato” a “Full metal jacket”, l’esplosione visiva della guerra, in tutta la sua forza fisica e spettacolare è quanto di meglio si sia visto nel suo cinema.

Certo se cercate un paragone con lo sguardo eastwoodiano, è chiaro che Gibson perde, giocando spesso sulle nude enfasi e retorica, ma “Hacksaw Ridge”, con un Andrew Garfield adeguato è sicuramente il suo film più complesso, interessante e probabilmente riuscito.

Stelle: 2½ Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino